La crisi scoppia e dà lo sfratto a tutti: poveri o pescecani

In «99 Homes» di Ramin Bahrani gli effetti drammatici della recessione. Ma vittima e presunto carnefice sono sulla stessa barca...

da Venezia

Toc, toc! «Chi è?». «La polizia signore, avete due minuti per prendere i soldi, il libretto degli assegni, le medicine, le foto e lasciare la casa». Inizia così 99 Homes di Ramin Bahrani presentato ieri in concorso alla Mostra di Venezia. Ad aprire la porta c'è il giovane operaio edile Dennis Nash (l'ottimo Andrew Garfield qui in una pausa tra uno «Spider-Man» e l'altro) che ha dietro la mamma (Laura Dern, l'attrice di Lynch) e accanto il figlioletto incredulo («Vuol dire che non posso tornare nella mia stanza?»). Di fronte a lui la polizia e l'immancabile agente immobiliare «autorizzato» Mike Carver (Michael Shannon sempre strepitoso con una perenne sigaretta elettronica fra le labbra) a tutela degli interessi della banca ormai proprietaria della casa sotto sfratto esecutivo.

Gli Stati Uniti non sono l'Italia, anche se la crisi economica livella tutti, perché lì la proprietà privata non è un concetto filosofico ma un dogma tangibile. Ecco dunque che in pochi minuti gli occupanti, ormai ex proprietari come sentenziato da un processo lampo, si ritrovano per strada con una squadra di operai che ha già cambiato la loro serratura e trasportato tutto il mobilio sul marciapiede. Non rimane che il motel, dove scoprono di non essere stati i soli a vivere una simile esperienza. Siamo a Orlando, la terra del parco dei divertimenti di Disney, ma lì, in Florida, molti non hanno più nulla da ridere dopo che la crisi dei subprime, i prestiti che le banche hanno concesso con sospetta facilità, ha portato gli istituti di credito a prendersi gli immobili dei tanti insolventi soprattutto a causa dell'improvviso rialzo dei tassi d'interesse.

Il film di Bahrani, nato in Carolina del Nord da genitori iraniani, racconta tutto questo utilizzando un classico e riuscito espediente narrativo, perché il destino vuole che il giovane operaio, ormai al verde perché non trova lavoro, incappi nuovamente nell'agente immobiliare che l'ha mandato fuori casa mettendosi a lavorare per lui con l'obiettivo di riappropriarsi dell'abitazione. Messe a tacere coscienza e dignità - rivivrà ciò che è successo a lui dovendo buttare per strada non solo la famiglia d'uno dei compagni di scuola del figlio ma anche un vecchietto solo al mondo e che si sente dire: «La possiamo lasciare alla Croce Rossa» -, Dennis Nash scoprirà il guadagno facile anche attraverso trucchi non proprio corretti come la cresta sugli indennizzi delle assicurazioni e altre complesse ma remunerative trovate.

La forza del film sta nel raccontare il fenomeno, partendo da questa strana amicizia fra una presunta vittima e un carnefice che ha invece molte affinità. A partire dalla comune origine proletaria. L'agente immobiliare è figlio di un operaio caduto dal tetto sul lavoro che non perdona i suoi simili perché, dice al suo discepolo, «tutti hanno una storia strappalacrime, tu non farti commuovere dai beni immobili, e poi c'è chi ha chiesto un mucchio di soldi in prestito per costruirsi una fottuta veranda dopo che per 20 anni ha vissuto benissimo senza».

In ogni caso l'apice del male è molto più in su di loro, tanto che il regista chiama in causa oltre alle banche anche il governo «sia democratico che repubblicano».

«Il fenomeno di povertà al 99 per cento è globale - dice Bahrani - ed è un argomento che conoscete bene anche in Italia. In tutto il mondo l'uomo comune non può più dedicarsi a un duro lavoro onesto e aspettarsi di raggiungere la prosperità di fronte a un contesto di avidità e corruzione».

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