Il dolore di lasciare la famiglia del condannato a morte

Tiberia de Matteis

Il pensiero univoco, ricorrente quanto addirittura inverosimile, di lasciare la vita prima che il destino si compia e per volontà altrui è il rovello pungente del monologo Condannato a morte, scritto e diretto da Davide Sacco, ispirato al romanzo L'ultimo giorno di un condannato a morte di Victor Hugo, che vede protagonista all'OFF/OFF Theatre di Roma, fino a domani, il giovane Gianmarco Saurino, classe 1992, volto noto per le fiction targate Rai, Che Dio ci aiuti e Non dirlo al mio capo. Il racconto utilizza l'impianto originario dell'autore francese, ma incastona alcuni riferimenti documentati all'attualità che giustificano il patrocinio di Amnesty International Italia e rendono la tragedia personale di un singolo esperienza dolente di una collettività.

L'addio alla madre, alla moglie e alla figlia, tre donne contemporaneamente private dell'uomo che amano di più fornisce un'impennata emotiva al flusso di coscienza e la disperazione di essere dimenticato dalla bimba, che non lo riconosce nell'estremo commiato, si dimostra più traumatica della ghigliottina. Una prova d'attore complessa e insidiosa che permette al protagonista di confrontarsi con diverse sfumature emotive.

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