Emanuele Salce: confessioni di un «doppio» orfano d'arte

Mumble mumble si ispira a papà Luciano e Vittorio Gassman

Emanuele Salce: confessioni di un «doppio» orfano d'arte

«Il sottosuolo» raccontato da Emanuele Salce è l'insieme di acute, grottesche reminescenze sulla sua adolescenza di ragazzo predestinato al teatro, sulla sua diversità. Nell'arco della vita compirà tutta una serie di tentativi per redimere la sua condizione di artista, di orfano d'arte. Emanuele infatti racconta di aver avuto due padri «pesanti»: Luciano Salce e Vittorio Gassman. A loro è legato fin dalla fisicità e dall'eloquio sottile. Ammette di essere un uomo difficile, di praticare poco la mondanità d'obbligo del mondo dello spettacolo e in questo spettacolo si rivela un uomo sofferente ma allo stesso tempo un attore molto consapevole. Sarà proprio Dostoevskij a considerare la troppa consapevolezza un'autentica malattia. Gli episodi narrati e rivissuti da Salce sono di grande vitalità: sostiene di avere problemi di identità e in questo dimostra di averne una molto forte. La sua ostentata e recitata incapacità di convivere superficialmente con i colleghi o di capire l'universo femminile, lo rendono un affabile antieroe, grottesco e divertente. È colto Salce anche nel suo tentativo di dissimularlo. È autore di un divertente lungometraggio su suo papà Luciano(l'uomo dalla bocca storta) e nello spettacolo, affiora tutta la sua sensibile suscettibilità nel racconto del padre adottivo Gassman: com'era in casa, le sue abitudini non lavorative, le fissazioni, le durezze, quel terribile male oscuro che lo ha fiaccato, fino alla sfilata tragica e grottesca il giorno della sua scomparsa e la camera ardente in Campidoglio. Mumble mumble è un canto del cigno di un giovane «vecchio» attore, un testo scritto assieme ad Andrea Pergolari, con Paolo Giommarelli, appuntito servo di scena, che assiste il protagonista per tutto lo spettacolo. Mumble mumble è la controversa, aspra crescita di un ragazzo pieno di adorazione per i suoi genitori; tenta di istituire un dialogo con questi due papà e come Kafka in lettera al padre, sembra dirci: «Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di aver paura di te.

Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente». Repliche al Teatro San Babila di Milano il 5,6,7 aprile. Da vedere.

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