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La Germania si prende la "prima"

Opera tedesca, direttore e cast "berlinesi" per l'ultima apertura dell'era Lissner-Barenboim

Un momento del Fidelio che aprirà la stagione della Scala di Milano domenica prossima
Un momento del Fidelio che aprirà la stagione della Scala di Milano domenica prossima

Lo spettacolo che domenica inaugura la stagione del Teatro alla Scala sarà l'ultima «prima» del fu sovrintendente Stephane Lissner (ora all'Opera di Parigi) e del direttore d'orchestra Daniel Barenboim. Che dal prossimo mese opererà a tempo pieno alla Staatsoper di Berlino, chiudendo la fase di pendolarismo fra la capitale tedesca e Milano. Sicuramente Barenboim tornerà a Milano, ma alla testa dell'Orchestra Filarmonica, per il resto è ancora prematuro parlarne.

Il titolo del 7 dicembre milanese, Fidelio di Ludwig van Beethoven, è un'opera dalle tinte grigie, quella del purgatorio di una prigione declinata, secondo la regia di Deborah Warner, in una fabbrica dismessa, fra calcinacci, blocchi di cemento, scene da Quarto Stato. Tuttavia, a dispetto di tanta tradizione melodrammatica il finale è lieto, catartico, si passa dalle tenebre del sopruso alla luce della libertà e del coraggio. Fidelio traghetta la Scala del decennio Lissner verso la Scala del nuovo corso, quella firmata dal sovrintendente Alexander Pereira, uomo di relazioni e passioni. Dal predecessore ha ereditato quest'opera, una figlioccia che cura e sostiene, ma a identificarlo sarà la prima del dicembre 2015: Giovanna D'Arco di Verdi con Riccardo Chailly e la stella Anna Netrebko, una felice combinazione di italian style & ugola glamour. Fidelio è insomma il titolo “ponte”, prova generale per l'apertura più attesa, quella della Scala di Expo, il primo maggio (sindacati permettendo) con Turandot di Puccini e il milanese Chailly sul podio.

Di questo Fidelio una cosa è certa: nascerà da un lavoro di squadra. Lo assicura un cast di cantanti specialisti nei rispettivi ruoli e soprattutto stretti collaboratori del direttore Daniel Barenboim. Squadra perfetta, anzitutto poiché sguarnita di prime donne e primi uomini, con l'eccezione di Peter Mattei, vera punta, però in un ruolo da coprotagonista. I cantanti sono tutti tedeschi, e spesso attivi nel teatro berlinese di Barenboim. Si parte da Anja Kampe, 75 volte Leonore (la donna nei panni maschili di Fidelio), di casa a Berlino dove, diretta da Barenboim, è stata più volte Sieglinde nella Valchiria di Wagner e Tosca lo scorso ottobre. In aprile sarà Kundry nel Parsifal berlinese per la regia di Tcherniakov, l'autore della Traviata - non a tutti gradita - dell'ultimo Sant'Ambrogio scaligero. La Kampe ci ha assicurato di essersi trovata come a casa nei giorni di lavoro milanese, un po' per via della sua passata frequentazione italiana (in Italia trovò l'amore), ma anche perché «il maestro Barenboim è a capo di un teatro tedesco e imposta allo stesso modo il lavoro alla Scala».

Falk Struckmann vestirà i panni di Don Pizarro, il governatore che ingiustamente detiene il marito di Leonore, cioè Florestan. Anche lui, come la Kampe, conosce ogni piega di questo ruolo più volte affrontato, fra l'altro sotto la bacchetta di Claudio Abbado, a Lucerna. A gennaio sarà Kaspar in Il franco cacciatore di Weber, a Berlino, il teatro cui deve tanta parte della sua carriera anzitutto wagneriana: lì è stato impegnato in L'olandese volante , in Lohengrin , I maestri cantori di Norimberga , Parsifal , oltre a Fidelio , Elettra , Salome e Wozzeck .

Il tenore Klaus Florian Vogt veste i panni di Florestan, il marito di Leonore che lo scioglierà dalle catene, o meglio: le spezzerà con cesoie tranciaferro. Viene dal profondo Nord della Germania, a un soffio dalla Danimarca, lavora con continuità a Berlino, non proprio con la Staatsoper, semmai con la Deutsche Oper. Kwangchul Youn, coreano, sarà Rocco.

Fu il Commendatore nel Don Giovanni della prima scaligera del 2010, fra qualche mese lo attende il ruolo di Hermann nel Tannhäuser berlinese. Lo svedese Mattei, splendido Don Giovanni a Milano, è la stella del cast, dunque slegato da strette collaborazioni con direttori. L'eccezione.

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