Caro presidente Giuseppe Conte,
sarà sicuramente preso da questioni più urgenti, ma fra pochi giorni il nostro Paese celebra il 4 novembre. Non è solo la «festa» delle Forze armate, ma anche il giorno dell'unità nazionale e, pochi se lo ricordano, l'anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale. Cento anni dopo il grande sacrificio per la Patria il 4 novembre rischia di passare senza il video istituzionale che valorizza le nostre Forze armate. O peggio con lo spot riciclato degli ultimi due anni, «Noi per voi», dei bimbi sorridenti, che suonerebbe francamente stucchevole.
Solo Lei può ribaltare questa incresciosa situazione, che sfiora la vergogna.
Palazzo Chigi o meglio, il Dipartimento per l'informazione e l'editoria del sottosegretario Vito Crimi, ha bocciato lo spot, che avrebbe dovuto andare in onda sulle tv nazionali per rendere onore ai nostri militari. I 30 secondi ad effetto sono stati giudicati troppo «combat», come se i soldati italiani dovessero venire rappresentanti alla stregua di crocerossine che danno il cinque ai bambini. E bastassero le cerbottane per difendere la Patria o intervenire nei conflitti.
Il 26 ottobre 1918, l'8° Armata italiana, ricevette un ordine di due righe semplice ed efficace, dopo anni di sangue versato: «Avanti, passate il Piave e portate con le nostre bandiere sulle Alpi, i destini d'Italia». Cent'anni dopo non abbiamo il coraggio di mostrare che i soldati italiani, oltre a portare le caramelle ai bambini, sanno combattere e usare le armi?
Il video era stato realizzato dal precedente governo e già censurato dall'ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che l'aveva abbandonato in un cassetto. Un motivo in più per dimostrare il «cambiamento» di passo, che tanto sottolinea, del suo governo. Soprattutto tenendo conto che il video è stato tirato fuori dalla naftalina, rimontato e fortemente voluto dall'attuale ministro della Difesa, Elisabetta Trenta.
Alle anime belle forse sembra strano vedere che i militari sparano, combattono e versano il sangue proprio e altrui come il filmato rende magistralmente seguendo le toccanti parole di Soldier, la famosa poesia di un veterano del Vietnam. Strofe senza tempo, che sono adatte a qualsiasi militare degno di questo nome: «Sono andato dove gli altri non volevano andare. Ho portato a termine quello che gli altri non volevano fare. Ho sentito il freddo morso della paura. Ho gioito per un tenero abbraccio d'amore. Ho vissuto quei momenti che gli altri mi dicono sia meglio dimenticare. Ma quando giungerà la mia ora agli altri potrò dire che sono orgoglioso per tutto quello che sono stato: un soldato».
Non possiamo vergognarci delle immagini del basco amaranto della Folgore, dei nostri caduti in guerre non vinte come l'Afghanistan, dei militari in versione operativa, che non hanno niente da invidiare agli eserciti di altri Paesi.
Dalla truppa ai generali questo spot piace a tutti perché una volta tanto non si spacciano i soldati per simpatici boy scout con la mimetica. Il manifesto ufficiale del 4 novembre è già un esempio di questo buonismo ad oltranza con il militare che aiuta la vecchietta o salva un bimbo dal mare, ma guai a far vedere un'arma da qualche parte. I nostri soldati sembrano una specie di protezione civile rafforzata piuttosto che gli uomini delle Forze armate. In realtà è proprio l'addestramento «combat» e le operazioni in prima linea che permettono ai militari di intervenire a casa nostra per garantire sicurezza o nei disastri naturali. Sembra quasi impossibile scrollarsi di dosso lo stereotipo dell'intervento di pace in stile Ong o di poliziotti in mimetica per «Strade sicure», ma vanno bene anche questi aspetti, se non si censura il video «combat» delle Forze armate per il 4 novembre.
Non sarà casuale che lo spot bocciato lanciato ieri via twitter dallo Stato Maggiore della Difesa abbia totalizzato in poche ore 50mila visualizzazioni. E mezzo milione di volte è stato cliccato sui social nelle versioni più o meno lunghe. Perché non mandarlo in onda sulle tv nazionali per mostrarlo a tutti? Così saranno gli italiani a decidere se lo spot è bello o brutto, se valorizza le Forze armate oppure no.
La censura del video troppo «combat» è uno schiaffo non solo ai vivi che nelle stellette ci credono, ma pure ai morti, dai caduti del Piave ai ragazzi tornati a casa in una bara avvolta nel tricolore dalle «guerre» di pace degli italiani in Somalia, Iraq, Afghanistan.
Caro Presidente Conte, basta con i tabù. In tempi di disordine mondiale vale ancora di più l'antica citazione latina: «Si vis pacem, para bellum».
Se non l'ha già visto, di ritorno dall'India si prenda 30 secondi per lo spot, che avrebbe dovuto ridare l'orgoglio alle nostre Forze armate cento anni dopo la Grande guerra. E lo faccia mandare in onda per tutti i soldati italiani, di ieri e di oggi.
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