Imbracciamo l'arma del Mito per sconfiggere la pulsione di morte

di Giuseppe Conte

Perché, chiederete, promuovere oggi un incontro che sconfessi la pulsione di morte che sembra dominare nella nostra realtà in nome della poesia, della bellezza, del mito, del desiderio? Oh bella, perché ci crediamo, e niente vale di più che aver fede nelle proprie idee in questa società amorfa, disossata, dove è oramai eresia credere fermamente in qualcosa di non materiale. Certo, le idee bisogna averle, lavorarle, e che siano davvero idee: di bellezza scriveva da fenomenologo Stefano Zecchi agli inizi degli anni Novanta, quando era difficilissimo scriverne, per la bellezza e il sublime combatteva già allora con furori surrealisti Tomaso Kemeny, amante di Marlowe e di Byron, sul mito io sono stato il primo in Italia a scommettere, decenni fa, quando a dire «mito» ti impiccavano, e nessuno immaginava che ritrovare le radici mitiche della nostra psiche voleva dire semplicemente riportare in vita quegli dèi e quei demoni senza i quali la letteratura, poesia e romanzo, diventano pratiche inerti e spesso miserevoli.

Certo, ci sono gli eterni cazzoni a cui piace chiedersi: ma gli dèi e i demoni sono di destra o di sinistra? Per fare prima, Baricco li ha tolti dall'Iliade. Contro la pulsione di morte, uno restituisce il loro posto a Venere e ad Atena, all'eros e all'intelligenza, alla gioia della rinascita e alla gioia dell'autentica democrazia.

E contro la pulsione di morte tornano a correre per le pagine, per le vene e per le città flussi di desiderio: anarchici e vitali. Flussi di sogno: come vogliamo Milano, l'Italia, l'Europa? Quali ideali nuovi e umani devono nascere? Quali stili, quali miti, quali bellezze nuove? Anche la reietta, la poesia, può contribuire a dirlo.

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