La Francia piange i suoi campioni deceduti durante "l'Isola dei Famosi" ambientata in Argentina e di sicuro fa un certo effetto ripercorrere con la memoria un altro incidente, sempre d'elicottero ma che ebbe fortunatamente ben altro epilogo, occorso nel 2010 a un nostro campione sportivo durante la versione italiana del programma che all'epoca andava in onda su Raidue. Il naufrago era Denis Dallan, ex capitano della nazionale italiana di rugby. Come consuetudine della trasmissione, il concorrente doveva arrivare alla spiaggia a nuoto dopo esser stato buttato in mare in prossimità della stessa da un elicottero ma, a causa di un errore tecnico della produzione, il mezzo raggiunse un’altezza di circa dieci metri e lasciò cadere il ragazzo in un punto in cui il fondale non superava il metro e mezzo di profondità. Dallan riportò un infortunio a una caviglia e a un ginocchio e fu perciò ricoverato all’ospedale di Managua, capitale del Nicaragua. L'abbiamo cercato per porgli qualche domanda.
Ritieni che l'incolumità dei concorrenti in questi programmi sia una questione affrontata con approssimazione?
"Bisogna interrogarsi circa l'adeguatezza delle organizzazioni locali di cui si avvalgono le case di produzione di questi format di sopravvivenza. Diciamo che non mi stupisce che in queste ore Catherine Spaak, reduce da una scia di polemiche per essersi ritirata dall'attuale edizione dell' "Isola" ritenendola troppo pericolosa, abbia commentato il disastro definendolo una "tragedia annunciata"".
E lo ha fatto nonostante un contratto di riservatezza la obblighi a tacere fino alla messa in onda dell'ultima puntata. Eppure in pochi avevano creduto si fosse ritirata perché sentitasi realmente in pericolo di vita.
"Quando l'ho vista durante la prima puntata, decisa ad andarsene prima di cominciare, ho capito subito che diceva il vero: voleva scappare perché se l'era vista davvero brutta. Per rendersi conto bisogna esser lì. Anche noi, durante la mia edizione, abbiamo rischiato grosso più di una volta e non soltanto quando ci siamo lanciati dall'elicottero sulla barriera corallina. Firmi un contratto per una trasmissione, mica una condanna a morte. La messa in sicurezza dovrebbe essere scontata. Pensi di partecipare a un programma televisivo e ti ritrovi all'inferno, perché tutto là è gestito da agenzie del posto e quello che viene messo a disposizione sono mezzi antidiluviani. Le stesse barche sono bagnarole".
Ti sei dato una spiegazione di come sia potuto accadere il tuo incidente?
"Forse hanno sbagliato il calcolo delle maree o il punto in cui lanciarmi, visto che i sub erano da un'altra parte. Hanno commesso un errore madornale ma è andata a finire bene. Rispetto a quello che poteva succedere, ossia sfracellarmi, mi sono solo distrutto una gamba. La cosa ha avuto ripercussioni sulla mia carriera sportiva ma mi ritengo un miracolato".
Hai denunciato la produzione?
"No, sono uscito dall'ospedale e tornato all'isola con le stampelle, con la grinta e il coraggio del rugbista, pronto a continuare l'avventura perché per me era un'occasione importante per veicolare i valori dello sport cui ho dedicato la mia vita. Oggi però penso che sarei dovuto tornare in Italia e denunciare la situazione. Sarebbe stato più responsabile, anche perché non sono solo i concorrenti a trovarsi in situazioni rischiose, ma tutto il numeroso staff tecnico".
C'è qualcosa che vuoi dire riguardo alla tragica scomparsa dei tuoi colleghi sportivi francesi?
"Non ci sono parole in questi casi. Mi rendo conto che sono fortunato a poter raccontare di aver corso dei rischi ma a non averli pagati con la vita come è successo a loro.
Forse erano partiti con l'idea di mettere a disposizione del programma la loro carriera sportiva per portare al grande pubblico i principi della loro disciplina, con lo stesso spirito con cui anch'io avevo accettato quella sfida. Erano sicuramente la presenza sana del format. Una perdita devastante sotto molti punti di vista e che deve farci porre molte domande".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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