La magia di un ribelle

Ci voleva Emir Kusturica per ridare al Festival quella magia che, assaporata con il film d'apertura La La Land, aveva poi ceduto il passo alla routine più o meno di lusso, al realismo più o meno rigoroso, alla noia più o meno d'autore. Qui tutto è sgangherato, surreale e drammatico, ilare e commovente. C'è la guerra, c'è l'amore e c'è la morte, la natura gentile e crudele, gli animali selvaggi e l'animale uomo, il più selvaggio e il più pericoloso, ma anche l'unico consapevole di cosa voglia dire sacrificarsi per la persona amata.

Intorno a Monica Bellucci e a Sloboda Micalovic, la prima in fuga dal generale che la vorrebbe come schiava sessuale, la seconda ex ginnasta in cerca di un marito che faccia dimenticare i troppi uomini che ha avuto, Kusturica costruisce il suo ruolo di Kosta, musicista trasformato dagli orrori della guerra in povero lattaio che, in sella a un asino, sfida le pallottole per dare da bere ai soldati del suo paese.

Oche, greggi di pecore, falchi pellegrini, orsi e serpenti rimandano all'Antico testamento e alla cronaca del Novecento, la musica fastosa e terribile della colonna sonora accompagna speranze e tragedie. L'asprezza della storia conficcatasi come un pugnale nei Balcani, si confonde con la dolcezza di microcosmi urbani pronti ad approfittare di ogni spazio di gioia lasciato dalla tregua momentanea del fronte. Solo che non basta il cessate il fuoco fra combattenti, perché la violenza ceda alla pace.

Costruito come una

favola senza lieto fine, ma dove l'amore sfida e vince la dimenticanza, Sulla via lattea segna il trionfo prepotente al cinema, dopo nove anni di silenzio, di uno spirito ribelle, ruvido e infantile, immaginifico e impaziente.

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