Loredana Bertè, si sa, non ha mezze misure: vive la vita da cima a fondo senza perdersi nessuna sfumatura. E si capisce dalla luce dei suoi occhi anche quando presenta il nuovo disco con una minaccia scherzosa ma non troppo: «È una sfida ai maschi e lascerà il segno come tutti i miei dischi».
La sfida si intitola Amici non ne ho... ma amiche sì e raccoglie le sue canzoni più famose (ma non solo) duettate con le signore della canzone. E che scaletta: Patty Pravo (Mi manchi), Fiorella Mannoia (produttrice e ideatrice del progetto che ha scelto Il mare d’inverno e In alto mare), Emma (Non sono una signora), Elisa (E la luna bussò), Paola Turci (Luna), Alessandra Amoroso (Sei bellissima) fino a Irene Grandi, Bianca Atzei, Antonella Lo Colco, Aida Cooper e Noemi. In più ci sono due inediti: È andata così firmato da Ligabue e l’inquieto, visionario, toccante Il mio funerale.
Insomma un disco davvero nuovo nonostante sia composto di canzoni spesso vecchie di decenni. E che raggiunge due obiettivi: ricordare quanto importante sia questo repertorio e fotografare una Bertè (che farà anche di nuovo parte del serale di Amici come giudice) con una voce mai così calda e colorata. Mica facile a 66 anni, per di più suonati nota per nota con una intensità che trovatene un’altra così.
Dopotutto, cara Loredana Bertè, Ligabue la definisce «l’artista più punk mai esistita in Italia».
«E io che pensavo di essere lontana dal suo mondo... Invece ha risposto subito sì quando la Mannoia gli ha telefonato per chiedergli di “celebrare una rocker con la canzone di un rocker”».
E poi?
«Dopo un mese mi ha mandato il provino e ha voluto conoscermi subito. Ci siamo incontrati all’Hilton di Roma dove lui, pensate, trascorreva le vacanze. Mi ha detto: “qui vengo solo per suonare, ora voglio visitarmi la città”».
A proposito, le sue amiche verranno a trovarla durante i concerti?
«Certo che sì. A seconda degli impegni di ciascuna, saranno ospiti sul mio palco. Ma poi, se tutto va come dovrebbe andare, il tour si concluderà all’Arena di Verona con una grande festa tutte insieme per una sera soltanto».
Ma c’è qualche amica che non rientra in scaletta?
«Hai voglia... Rita Pavone e Marcella Bella, per esempio. Ma non ci stavano tutte».
Potrebbe nascere un altro capitolo di questo progetto.
«Sarebbe una bella idea, vedremo».
Nel disco c’è anche Stiamo come stiamo.
«Sì il brano del Festival di Sanremo del 1993 e lo canto con mia sorella Mimì. Ho ricantanto la mia parte perché non ero soddisfatta ma il resto è rimasto originale».
Lo spirito di Mia Martini c’è anche ne Il mio funerale.
«Mi ha ispirato proprio il suo funerale ed è una critica a chi si ”imbuca“ in questi momenti di dolore fingendo una amicizia che non c’è mai stata pur di ottenere qualche secondo di visibilità su tv o giornali».
Sempre implacabile nelle critiche.
«Raramente sono d’accordo con qualcosa. Non sono d’accordo neppure con la mia carta d’identità perché mi sento come a vent’anni nonostante abbia litigato, cantato, fatto l’amore sotto le stelle, vissuto tutto sempre in profondità. Certo, fare una rampa di scale un po’ “me rompe”, anche per la frattura che ho subito qualche anno fa, ma io ho ancora una cosa che non hanno i giovani».
Ossia?
«La curiosità. I ragazzi oggi vogliono solo diventare famosi. Noi volevamo solo pagare le bollette e fare musica. Forse per questo io mi sento ancora sotto esame e tremo come una foglia prima di ogni concerto».
E poi?
«Poi quando inizio a cantare mi calmo».
E quando si agita?
«Mi viene la depressione quando apro la porta e trovo la casa vuota. Ma lo so, non è facile convivere con me, sono una bella stronza e ti devi prendere tutto il pacchetto...». (E nella sua risata c’è tutta la grinta della madre di tutte le nostre punk).
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