Capisci all'istante che la violinista Anne-Sophie Mutter ha personalità e carisma da vendere. Postura, stretta di mano, sguardo fermo che fruga tra i pensieri dell'interlocutore. Donna magnetica anche nella quotidianità. Ma è quando mette piede in palcoscenico che scatta la magia. Lì, si trasfigura. Si fa dea. Una venere fasciata in abitini Christian Dior: sorta di logo di un'artista lanciata 40 anni fa da Herbert von Karajan, e da allora numero uno al mondo. In Italia viene raramente. «Programmo i tour con largo anticipo, e purtroppo gli inviti dall'Italia arrivano quando l'agenda è piena», ci spiega. Cosa vera, ma a incidere sono anche i cachet: assai impegnativi. Ecco perché sono speciali i quattro concerti italiani di questi giorni. L'abbiamo ascoltata alla Scala, con l'orchestra del Teatro diretta da Chailly: un trionfo. Vi è tornata lunedì, mentre domani sarà a Ravenna, per la prima volta ospite del Festival. Lì sfodera la sua doppia anima. Quella di custode del patrimonio del passato (esegue il Concerto di Mendelssohn) e interprete del presente: suonerà l'opera di Takemitsu in omaggio al regista Tarkovskij in tema col festival che esplora le conseguenze - a breve e lungo termine - della Rivoluzione Russa.
Ha appena finito di suonare un denso e profondo Brahms. La Scala è in visibilio. Sfinita o iper-adrenalinica?
«Molto sveglia, ma emotivamente esausta. Soddisfatta per l'intesa con l'orchestra».
Finalmente in Italia.
«L'anno prossimo sarò a Roma con l'Orchestra di Santa Cecilia e Pappano. Con l'Italia collaboro tanto indirettamente. Per l'anniversario coi Berliner ho suonato con Muti».
Quarant'anni fa, debuttava con i Berliner. Cosa ricorda di quel momento?
«Avevo 14 anni, e per la prima volta sentivo i Berliner dal vivo. Erano diversi da tutte le altre orchestre per suono, fraseggio, grado di passione. Avvertii subito l'incredibile intensità di questa orchestra: era come stare su un altro pianeta. Ogni concerto con loro mi sembrava l'ultimo della mia vita».
E l'impatto con Herbert von Karajan?
«Quanto era esigente! Spingeva, spingeva, perché potessi crescere. Ma sapeva come e quanto. E poi, uh... quanto era forte. E affascinante, pilotava aerei, yacht, era intrigato dall'eccellenza. Un visionario. Capì subito la forza del cd».
Lo incontrò a 13 anni. Forse troppo piccola per comprendere chi fosse?
«Il primo cd che comprai con i miei soldi, a 11 anni, era un disco di Karajan. Mi creda: sapevo chi fosse. Però a quell'età reggi meglio di un adulto la pressione, suoni quello che ti piace cercando di farlo al meglio. Poi è diventato tutto più difficile».
E' sempre una lavoratrice instancabile? Studia tanto come ai vecchi tempi?
«Sì e no. Sì perché affronto nuovi pezzi. Però capita che per giorni non tocchi il violino. Ho due figli, un bel giardino, mi piace fare lunghe passeggiate».
Nella sua Foresta Nera?
«Non solo. Ho fatto il percorso di Saint James in Spagna. L'anno scorso sono andata a piedi da Firenze ad Assisi, facevo 30 chilometri al giorno. Presto andrò da Porto a Santiago».
Ecco spiegata la sua forma smagliante
«Gli aiuti vengono anche dalla pasta, la mia insegnante di violino aveva origini italiane. Che piacere quei pranzi all'italiana».
Tra l'altro lei ama cucinare. Si ferì pure un dito
«Eh sì, con una scatoletta di pomodori. Però guardi: c'è solo una piccolissima cicatrice».
Ripensando a quanto ha detto, lei smentisce Paganini: «Se non studi per due giorni il pubblico se ne accorge».
«Lui non aveva due figli. Amo il mio strumento, ma mi piace godermi la vita».
Bilancio di carriera. Quanto crede abbia inciso la sua beltà?
«A fare la differenza è l'intensità della persona. La sua capacità di emozionare, di tenere lo spettatore inchiodato alla poltrona. Età, abiti... mah non contano».
Ha una vita piena e brillante.
«E soprattutto complessa. Ciò di cui vado particolarmente fiera è la mia Fondazione per giovani artisti».
Interessante il capitolo dei viaggi nel mondo per farli incontrare con gli artisti leggenda.
«Incontrare artisti di valore è cosa indispensabile. Due giorni fa ero a Salisburgo, con Trifonov e tre miei allievi. Abbiamo inciso per La Trota di Schubert».
Ha scritto un post sconcertato su Manchester.
«E poi Londra, dove studia mia figlia che spesso il sabato è nell'area dove c'è stato l'attentato. Quella sera era a Salisburgo per il mio concerto. Sono preoccupata che negli Usa ci sia un presidente come Trump.
Lieta che in Francia sia stato eletto Macron. L'Europa deve essere unita: è l'unica possibilità che ha per poter sopravvivere. La nostra cultura ci può salvare. Se le nazioni si chiudono in loro stesse, non si andrà da nessuna parte».
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