È morto "Fats" Domino, il peso massimo che fondò il rock & roll

Ha venduto oltre 110 milioni di dischi Il suo stile unico mescolava boogie e pop

È morto "Fats" Domino, il peso massimo che fondò il rock & roll

Non aveva mai voluto lasciare New Orleans perché era un puro legato alla tradizione. Durante la furia dell'uragano Katryna è stato dato per disperso (e persino per morto), infatti non aveva voluto abbandonare la sua casa per le condizioni di salute della moglie. Se n'è andato adesso, in silenzio e a 89 anni, Antoine «Fats» Domino di professione pianista cantante e pioniere del rock and roll. Tutti lo conoscevano come Fats Domino, in parte per la sua notevole stazza fisica, in parte perché la sua prima canzone - prodotta da un genio del primo r'n'r come Dave Bartholomew - si intitolava The Fat Man. Questo brano, inciso nel 1949, era la rilettura, velocizzata, di Junker's Blues del pianista blues Champion Jack Dupree (leggenda del blues scomparsa ultranovantenne) e con l'incedere boogie woogie, e i particolari artifici vocali di Domino, vendette un milione di copie e arrivò al numero due delle classifiche rhythm and blues di Billboard, L'anno scorso la canzone, oramai un evergreen, è entrata nella Grammy Hall of Fame Award per le vendite. The Fat Man è considerata da alcuni critici la prima incisione di r'n'r. Per dare un'idea del suo stile, basti dire che suonava con il sassofonista Alvin «Red» Tyler (poi sostituito da Reggie Houston) e con il batterista Earl Palmer: un trio potentissimo e inedito per l'epoca.

In proposito Domino si schermiva: «Io suonavo boogie woogie e blues, il rock'n'roll non esisteva ancora ma il ritmo, le cadenze, la sensualità erano quelle che poi avrebbero sviluppato Ike Turner o gli artisti bianchi come Bill Haley. Non so se sono stato il primo e non m'importa saperlo. Mi sono divertito e ho fatto qualcosa di nuovo».

Di nuovo c'era anche la sua carriera, che decollò improvvisamente portandosi dietro una serie di epigoni (valga per tutti il valoroso Dr John, altro eroe di New Orleans) che ancora oggi ne riprendono lo stile, nato dalla fusione del pianismo boogie woogie di Pinetop Smith e Roosevelt Sykes, da un pizzico di jazz, dal soul e dai nuovi ritmi rock. La leggenda vuole che persino Lennon e McCartney costruirono Lady Madonna (che infatti è giocata sul ritmo di un liquido pianoforte) adottando lo stile di Fats Domino (poi lui stesso portò al successo una versione di Lady Madonna). Famosa anche la sua cover di Blueberry Hill, un classico con cui si cimentò anche Louis Armstrong. I suoni di Fats infatti erano un concentrato esplosivo di creatività e commercialità. Da tanti anni, a causa delle sue cattive condizioni di salute, non si faceva sentire, e forse al pubblico più giovane non dirà molto, ma Fats Domino ha venduto 110 milioni di album e ha piazzato 35 singoli, uno in fila all'altro, nei primi 40 posti delle classifiche. Nel 2004 la rivista Rolling Stone l'ha inserito al numero 25 nella lista dei 100 artisti più importanti nella storia del rock. «Non ho mai suonato per la gloria ma per regalare qualche momento d'emozione alla gente - diceva spesso - la musica aiuta a divertirsi ma anche a pensare. La mia musica esprime il mio essere nero e il mio modo di vivere. Credo ci sia spazio per tutti. I neri hanno inventato un suono che poi i bianchi hanno perfezionato e lanciato in giro per il mondo. Noi siamo stati i primi: è questo che conta». Domino però non deve averla presa molto bene quando il suo successo soul pop Ain't That a Shame, un superclassico del 1955, fu superata e arrivò al numero uno della hit parade nella versione «bianca» ed edulcorata di Pat Boone.

Tra i suoi successi The Big Beat (talmente popolare da portarlo allo show di Dick Clark in tv), My Girl Josephine, When My Dreamboats Come Home, I'm Walkin' e moltissime altre che sono raccolte nel megacofanetto This Is Fats Domino, classico della musica degli anni '50.

Infatti con l'arrivo del beat e della British invasion la sua stella cominciò a calare, ma lui è rimasto vivo - e lo è tutt'ora - grazie all'entusiasmo delle sue sonorità e alle pieghe vocali di quella voce serena e «libera» malgrado tutto e malgrado tutti.

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