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Né eroine né servili: in tv ecco le donne con in mano la vita

Carcerate, chirurghe o "cavie" scientifiche: tre serie americane, su Mya e Premium, con protagoniste imperfette ma coraggiose

Né eroine né servili: in tv ecco le donne con in mano la vita

Nessuna Wonder Woman o Charlie's Angel, nessun superpotere o micro tutina ma donne forti finalmente protagoniste di storie per tradizione maschili. Sono Sara Manning, Piper Chapman e Ellen Sanders, star di Orphan Black, Orange in the new black e Hostages, le tre serie tv in arrivo da maggio sui canali pay per view Mya e Premium Action. Dopo decenni di ruoli da spalla o, nel migliore dei casi da comprimarie, il muro di gomma che ha separato i ruoli «da donne» e quelli «da uomini» è sfondato. Perché se ormai non «fa strano» che una donna possa andare in carcere o diventare un chirurgo così bravo da operare il presidente degli Stati Uniti, tanto meno lo è vederlo in un telefilm. Non fa strano affatto, e soprattutto, è perfettamente credibile proprio perché le tre protagoniste sono donne di carattere, non perfette, e proprio per questo finalmente umane.
La prima serie ad approdare in Italia sarà la fantascientifica Orphan Black, a fine maggio sul canale Premium Action. Di produzione canadese, con basse aspettative e budget ancora più ridotto, è andata in onda a partire da marzo 2013 in America e Canada, imponendosi come una delle serie rivelazione dello scorso anno grazie alla bravura della 28enne Tatiana Maslany, che per il suo ruolo, o meglio ruoli, in Orphan Black si è guadagnata la candidatura ai Golden Globe e ha vinto il Critic's Choice Television Award e il TCA Award, premio dei critici americani. Si parla di ruoli perché Maslany nel telefilm interpreta ben sette versioni di se stessa. Cloni che non sanno di esserlo e che qualcuno sta cercando di eliminare. A condurre il telespettatore tra le pieghe della storia è Sarah Manning, ragazza madre senza grandi prospettive che si trova ad assistere al suicidio di una donna identica a lei. Un evento che la porterà a scoprire l'esistenza delle altre versioni di lei, tutte ugualmente in pericolo.
I primi di giugno, sempre su Premium Action, arriverà invece Hostages, che vanta tra i produttori il Jerry Bruckheimer di Csi e Cold Case e ha come protagonista Toni Collette, la Tara di United States of Tara. Collette è Hellen Sanders, chirurgo di Washington D.C. scelta per operare il Presidente degli Stati Uniti. Proprio per questo marito e figli vengono presi in ostaggio da un gruppo terroristico che vuole costringerla a uccidere il presidente. Il dilemma famiglia-lavoro perfetto per un film di due ore, troppo debole per essere diluito in 15 puntate, ma con una Collette che da sola regge tutta la serie.
Dulcis in fundo Orange is the new black, dal 12 giugno in prima serata su Mya, la serie-fenomeno ambientata in un carcere femminile americano che ha come protagonista Piper Chapman, interpretata da Taylor Schilling. Una 34enne Waspy (bianca, bionda e benestante), con fidanzato devoto al seguito e linea di saponi artigianali in produzione, alla quale il passato presenta improvvisamente i conti. Per nulla piacevoli: Piper dovrà scontare 15 mesi di carcere per aver trasportato, dieci anni prima, una valigia carica di soldi sporchi per conto della sua fidanzata di allora Alex Vause (Laura Prepon), trafficante internazionale di droga.
Una serie in cui cast quasi tutto al femminile e temi scomodi come razzismo, omosessualità, bullismo, omofobia e speranza non cozzano ma convivono meravigliosamente. A metà fra black comedy e drama, il telefilm è tratto dalla storia vera di Piper Kerman, raccontata poi nel romanzo dal titolo omonimo. Libro che la produttrice Jenji Kohan (Weeds) ha usato per fare luce su un mondo, quello delle carceri femminili, spesso invisibile. Una scommessa e un grande successo: in America il debutto del serial è stato più visto di House of Cards, le due interpreti femminili sono già considerate idoli dalla comunità lesbo mentre un'altra icona di vecchia data, Jodie Foster, ha diretto il terzo episodio. Kohan riesce ancora nell'impresa di mettere donne bianche, ricche e ben educate al centro di storie tipicamente maschili.

E non c'era da aspettarsi niente di meno.

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