Napoli fascinosa e classica conquista il mondo

Si suona a Napoli! E fin qui nulla di apparentemente nuovo nel titolo del concerto che il Giardino Armonico ha offerto al LAC di Lugano (a breve a Salisburgo e a Wroclaw in Polonia). Gli splendori musicali della capitale partenopea sono oggetto di meraviglia da secoli e non hanno esaurito di stupire, soprattutto quando un programma allinea con curiosa intelligenza, autori semisconosciuti (Andrea Falconieri, Pietro Marchitelli, Nicola Fiorenza) e capiscuola (Scarlatti padre e Francesco Mancini). Si suona un repertorio (flauto e archi), inframezzato da intermezzi (archi), venato di follia sgorgante dall'inarrivabile principe dei musici, Carlo Gesualdo. «La Canzone francese del Principe, uno dei suoi pochissimi brani strumentali», precisa Antonini, «è un pezzo che alterna momenti di serenità ad altri improvvisamente agitati: un pezzo quasi affetto da disturbo bipolare, malattia della quale non è escluso che Gesualdo stesso soffrisse». Musica specchio di contraddizioni secolari, dalle quali gli artisti partenopei trassero e traggono linfa creativa. Antonini, insieme ai valentissimi violinisti Stefano Barneschi e Marco Bianchi, al violoncellista Paolo Beschi, al cembalista Riccardo Doni e all'arpa di Margaret Köll, ha incantato come solista al flauto.

Per chi volesse ascoltare un flautista che coniuga suono variegatissimo, fraseggio sensuale e trasforma volate pirotecniche in fiammate brucianti, appuntamento il 17 maggio a Napoli (con programma vivaldiano) fra le meraviglie barocche di Palazzo Zevallos di Stigliano.

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