Nicola Crocetti editore da Nobel La sua «Poesia» compie 30 anni

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Davide Brullo

Al principio fu F.T. Marinetti. Era il 1905 e il guascone, a Milano, s'inventò Poesia, radunando intorno alle ginocchia un gruppo di adepti, Sem Benelli, Luciano Folgore, Govoni, Palazzeschi. Nasceva il movimento futurista. La rivista durò quattro anni. Nel 1988, Nicola Crocetti (editore raffinatissimo dal 1981), nato a Patrasso ma di stanza a Milano, per trent'anni giornalista del Giornale, dà vita al «Mensile internazionale di cultura poetica» Poesia. A differenza del fuoco d'artificio di Marinetti, Poesia resiste. Non fa un «movimento», fa «scuola».

Gennaio 1988 (il primo numero, con una grafica che rimanda a Paul Klee e a Malevic, apriva con una intervista a Pier Vincenzo Mengaldo, un servizio di Raffaello Baldini e una inchiesta sui «plagi» di Montale ai danni di Rebora), gennaio 2018, oggi. Poesia compie 30 anni. Pubblicare tra le sue pagine ha rappresentato prima dell'abominio dei poeti spudorati e smutandati a rate, nella Rete l'ingresso in una specie di Eden in versi. Rivista che in era aurea superava le 30mila tirature il magazine di settore più venduto d'Europa il suo Comitato di redazione è una specie di sacrario: vi figurano Nobel (Heaney, Walcott, Trantrömer) e titani (Bonnefoy, Harrison, Muldoon, Wright). Detto altrimenti: se non fossimo una Repubblica dei cialtroni a Nicola Crocetti darebbero un Ministero della Poesia italiana per meriti sul campo. Gentile e pudico, ha dato esordio a centinaia di poeti, quelli degni di essere letti oggi; ma d'altro lato è sempre stato lettore infallibile e feroce, che schifa l'egolatria dei poeti della domenica, quelli che si sono costruiti il loft nel proprio ombelico.

Nell'ultimo lustro Crocetti ha fatto una fatica quadrupla per continuare ad andare in edicola. Ma Poesia è ancora lì, 30 anni dopo, con un numero mistico, 333, in copertina azzurra. Pare la vestaglia di un angelo. L'anticamera della divinizzazione lirica.

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