"La paranza dei bambini", un grande film italiano

Giovannesi racconta in maniera drammaticamente verosimile la scalata alla gerarchia mafiosa da parte di una banda di quindicenni

"La paranza dei bambini", un grande film italiano

"La paranza dei bambini" di Claudio Giovannesi (già autore del bellissimo "Fiore") è l'unico titolo italiano in concorso al Festival di Berlino. Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, che firma la sceneggiatura con Maurizio Braucci e con lo stesso regista, il film segue l'ascesa di un gruppo di adolescenti nel mondo della camorra.

Siamo a Napoli, ai giorni nostri. Sei quindicenni, Nicola (Francesco Di Napoli), Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò, sognano di uscire dall'anonimato e dalla povertà. Allo scopo di comprare vestiti firmati e motorini nuovi, iniziano a spacciare per figure di spicco della malavita locale. Non temono nulla, si sentono già grandi e pensano che il denaro doni rispettabilità. Col tempo, però, il riscatto economico diventa un'abitudine e si fanno largo in loro brame di potere sempre più sconsiderate. Quando il vertice criminale del quartiere rimane spoglio in seguito a delle retate di arresti, la banda di ragazzini vede la possibilità di occuparlo e di conquistare il Rione Sanità. Non importa a che prezzo.

Per paranza, in dialetto, s'intende sia un gruppo armato di camorristi sia un banco di pesci ancora piccoli e giovani che, attirati dalle luci dei pescatori, finiscono nelle reti. E' proprio a causa dell'illusorio luccichio dell'agiatezza che i minorenni del film imboccano una strada irreversibile, iniziando a giocare con le pistole e a compiere nefandezze. Non solo l'euforia li fa sentire invincibili ma hanno anche l'ingenuità di pensare che attraverso il male si possa fare il bene, magari incarnando una camorra dalla parte del popolo.

L'impianto narrativo è quello di un romanzo di formazione, per quanto in questo caso si segua la crescita, psicologica e morale, di apprendisti delinquenti: gli atteggiamenti infantili cedono il passo ad ambizioni "adulte", l'inesperienza è compensata dall'entusiasmo e l'innocenza perduta sfuma in delirio di onnipotenza. Gli unici punti di riferimento, per chi è cresciuto avendo come parco giochi la strada, sono la fascinazione per il lusso e il mito di alcuni defunti boss, mentre l'educazione all'uso delle armi è affidata a tutorial su Youtube.

Il film si concentra sulla vita emotiva e sulla psicologia di ragazzini alle prese non solo con l'iniziazione al crimine ma con i primi amori, le spavalderie e i risentimenti caratteristici dell'età. Non ci sono l'intento pedagogico e la retorica di Saviano né l'immaginario brutale di Gomorra. La violenza non viene mai spettacolarizzata o epicizzata e i sentimenti sono rappresentati in maniera asciutta, con l'aiuto di primi piani che annullano la distanza con lo spettatore e creano vicinanza emotiva. I personaggi sono assolutamente credibili, incarnati da ragazzi che si fanno ricordare e donano vera magia al film pur essendo alla prima esperienza attoriale, scelti dopo aver sottoposto a provini ben quattromila coetanei del posto.

Il regista non giudica ciò di cui dà rappresentazione sul grande schermo, indulge con amara dolcezza sui rimasugli di purezza presenti nei suoi giovani protagonisti e spezza la linearità del racconto con momenti di grande intensità.

Rispetto ad altri film dello stesso genere, "La paranza dei bambini" vanta un respiro più universale: potrebbe riguardare adolescenti di periferie a latitudini e longitudini diversissime da quelle partenopee.

Pur tra echi shakespeariani e sfumature western, resta sempre palpabile che la vicenda di Nicola e gli altri sia ispirata a fatti veri, ad un fenomeno sociale che vede ragazzi nati al

di fuori delle famiglie mafiose scegliere di condannarsi a finire uccisi dopo pochi anni di malvivenza e facili guadagni. O forse a morire molto prima, anche se non nel corpo, come mostra il bellissimo film di Giovannesi.

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