Un'intera vita spesa alla ricerca della giustizia, mai arrivata. Almeno non nelle aule dei tribunali. È l'esistenza dei familiari delle vittime della strage di Piazza Fontana, di cui proprio domani ricorre il cinquantenario. E nel giorno dell'anniversario Raiuno manda in onda la docu-fiction Io ricordo che, dopo tante inchieste, libri, programmi che hanno tentato di fare luce sulla strage, sui processi, sui servizi segreti, sui depistaggi, sulle parti deviate dello Stato, vuole invece puntare i riflettori su mogli, figli, fratelli, genitori di chi ha avuto la vita spezzata entrando in banca il 12 dicembre 1969 e non uscendone mai più.
Io ricordo, presentato ieri mattina a Milano in un incontro commovente con alcuni dei parenti di quelle 17 vittime, ripercorre più di trent'anni di storia giudiziaria principalmente attraverso gli occhi di Francesca Dendena, figlia di Pietro, diventata presidente dell'Associazione dei familiari. A dare parola e volto a Francesca una intensa Giovanna Mezzogiorno (Nicole Fornaro nel ruolo di lei da ragazza) che ha preso molto a cuore la causa. Io ricordo - regia di Francesco Micciché, produzione Aurora Tv - non è una fiction e neppure un documentario, è un mix di entrambi: le parti sceneggiate sono intervallate da interviste a magistrati, avvocati, giornalisti e ai medesimi parenti. Cercando di tenersi lontano dalla retorica, riesce in due ore nel difficile compito di riassumere una complicata e intricatissima storia giudiziaria che è diventata storia del nostro Paese, la strage che ha segnato l'inizio della strategia della tensione.
«Il nostro obiettivo fondamentale - spiega Eleonora Andreatta, responsabile di Rai Fiction - era raccontare ai giovani cosa è stata e cosa ha rappresentato quella strage. I ragazzi di oggi non sanno neppure cosa sia o ne hanno una idea assai vaga. La memoria è fondamento identitario del nostro Paese e questo è il ruolo che deve avere la televisione pubblica».
Il racconto segue il filo della vita di Francesca, che quando il padre morì aveva 17 anni. Io ricordo è l'inizio di un telegramma che inviò al Presidente della Repubblica dopo i tanti Non ricordo detti dai politici italiani che sfilarono al processo di Catanzaro.
Da quel 12 dicembre 1969, quando il padre seduto al tavolo sotto cui fu piazzata la bomba saltò in aria, ha passato tutta la vita a chiedere giustizia, con fiducia ed entusiasmo, fino alla delusione finale della sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 2005 che nonostante attribuisse la strage al gruppo eversivo neofascista di Ordine Nuovo, dichiarò non punibili Freda e Ventura in quanto già assolti in via definitiva anni prima.
«È stato un onore ma non è stato facile - racconta Giovanna Mezzogiorno - interpretare Francesca e ripercorre con i suoi occhi la storia della strage, piena di date, di fatti, di punti oscuri. Io ricordo piazza Fontana perché negli anni '90 ero al Liceo e partecipavo alle manifestazioni e ai cortei studenteschi. C'è stato e c'è qualcosa sopra di noi, sopra le nostre teste che non è venuto e non viene a gala. Mi auguro che questa fiction abbia successo perché la gente non deve dimenticare». Per l'attrice anche una condivisione del dolore. «Posso ben capire cosa voglia dire perdere un padre da ragazza, io il mio (Vittorio Mezzogiorno) l'ho perso in sei mesi, Francesca in pochi secondi, è un buco nero che rimane per sempre».
La disperazione per la verità giudiziaria mai arrivata, non ha fermato i familiari che si sono trasformati da vittime in testimoni. Il fratello di Francesca (scomparsa nel 2010) Paolo, i figli, gli altri parenti girano ancora le scuole per parlare agli studenti, e sono stati e saranno presenti alle cerimonie di questi giorni.
«Perché il cancro di questo Paese - conclude Paolo Silva, figlio di Carlo - non è solo l'indifferenza dei giovani, ma di molti italiani che si chiedono cosa vogliono questi qui dopo tutti questi anni...».La docu-fiction resterà su Raiplay ed è disponibile per le scuole e le associazioni.
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