Cultura e Spettacoli

Pippo, inventore della cultura pop

Stasera un programma per i sessant'anni di carriera di Baudo

Pippo, inventore della cultura pop

«Avevo 7 anni, ero nel teatrino parrocchiale. Facevo il figlio di Santa Rita. Già avevo deciso: entrerò nel mondo dello spettacolo!». Da quel debutto ad oggi, che di anni ne compie 83, il bambino di Militello (Catania) nel frattempo divenuto icona del tv, è protagonista d'un programma-omaggio quale mai la Rai aveva dedicato ad alcuno dei suoi padri fondatori: non a Bongiorno, né a Corrado, né a Tortora. Buon compleanno Pippo (oggi in prima serata su Raiuno) celebrerà infatti, assieme al suo compleanno, i 60 anni di carriera del Superpippo che fa parte «della nostra identità nazionale» come ricordava la direttrice di Raiuno, De Santis; con i suoi programmi, assieme ai quali siamo cresciuti ha coniugato conoscenza alta e bassa, inventando così la cultura pop in tv». I loghi delle sue trasmissioni simbolo Settevoci, Canzonissima, Fantastico, Sanremo - una sfilata di superstar, in diversa misura tutte a lui debitrici («Questo l'ho inventato io!») fra cui Fiorello, Jovanotti, Laura Pausini, Albano e Romina, Giorgia, Michelle Hunziker. E poi i mille e mille ricordi di «una carriera per cui ringrazio Dio» commenta lui commosso (ma anche la De Santis e il vicedirettore Fasulo hanno i lucciconi). «Ho sempre cercato di crescere. E con me crescevano i miei programmi. Volevo dimostrare che cultura non è una parolaccia. E che coniugata a divertimento migliora chi l'assorbe». Non a caso il programma del cuore, fra gli innumerevoli realizzati, è quel Novecento «nel quale si parlava di noi e dei nostri tempi». Non a caso nessun sogno è rimasto nei suoi cassetti: «Tutto quello che volevo fare la Rai me l'ha fatto fare». Coll'età s'è ammorbidito, Pippo: spariti gli antichi furori, resta la consapevolezza di quanto sia amato. «Vivo una grande serenità. E gli auguri che mi commuovono davvero sono quelli della gente comune. Se me li fanno, vuol dire che ho rappresentato qualcosa per loro». La Rai di oggi «ha il dovere di sperimentare il nuovo, come facevo io. Le cose risapute lasciamole alle tv commerciali. La Rai è la Rai». E quanti in Rai le sono riconoscenti per averli lanciati? «La riconoscenza è come la sorpresa nell'uovo di Pasqua: se c'è bene, se no amen. Le cose devi farle per farle; non per ricevere ringraziamenti». Mille successi, qualche fallimento. E un antico sassolino, che oggi tira fuori dalla scarpa. «Da studente universitario, misi in scena Aspettando Godot. Il suo autore, Beckett, aveva scritto: «Se alla fine del primo atto il pubblico si sarà annoiato, vuol dire che è stato un successo.

Beh; per noi fu un trionfo, alla fine del primo atto il pubblico se n'era andato tutto».

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