«Eccellentissimi Pittori» è il titolo della mia lezione e il superlativo, devo dirlo, è farina del sacco di Vittorio Sgarbi: io sono più moderato, fuggo l'enfasi e mi reputo soddisfatto anche di fronte a pittori eccellenti e basta. Ma attenzione: non è per nulla facile essere eccellenti e basta, non sono mica tanti i pittori eccellenti e basta. «L'arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati» scrisse Longanesi in un'epoca in cui non c'erano i Dams, non c'era la Naba, non c'era la Rufa (ma dove le trovano queste sigle?), e le accademie di belle arti erano di meno e meno affollate: chissà cosa direbbe oggi che tutti questi laureifici scaricano sul non mercato aspiranti artisti a legioni. Che poi non ci sono soltanto le scuole ufficiali, la provincia italiana pullula di corsi di pittura sul genere dopolavoristico, tenuti da pittori che spesso si impegnano a confermare l'antico detto «chi sa fa e chi non sa insegna». Sono meno ambiziosi gli aspiranti artisti usciti dalle scuolette subaccademiche? In teoria sì, in pratica anche loro cercheranno prima o poi di far capolino nel non mercato dell'arte.
Avrete fatto caso che ho parlato già due volte di «non mercato». Per non sprofondare tutti insieme nel malumore vi prego di non chiedermi dettagli in merito, magari ne parliamo un'altra volta, adesso vorrei concentrarmi sul fatto artistico fingendo (ripeto: fingendo) possa essere del tutto avulso da quello commerciale. Anche limitandosi al punto di vista puramente estetico non è affrontabile il numero di centomila pittori, numero ipotetico ma temo non troppo lontano dal vero di coloro che oggi in Italia spennellano. Per capirci qualcosa bisogna togliere almeno due zeri: mille pittori e possiamo cominciare a ragionare, e ragionando riusciremo a togliere un altro zero, arrivando a cento. L'eccellenza è dunque un'esigenza critica. Jean Clair ha definito «totalitarismo degli imbecilli» l'idea di Joseph Beuys secondo la quale «ogni uomo è un artista». Qual è il contrario di imbecillità? Intelligenza. È allora l'intelligenza a pretendere un minimo di specializzazione (alcuni uomini sono artisti e altri no) e un minimo di selezione (alcuni artisti sono bravi e altri lo sono meno). Come selezionare? Secondo quali criteri ho scelto e continuo a scegliere i protagonisti di questa cosa che si chiama, sulla scia di Giorgio Vasari, Eccellenti Pittori? Che è, lo ricordo, innanzitutto un libro, edito da Marsilio, ma oggi soprattutto un sito, www.eccellentipittori.it, che attraverso varie diramazioni social garantisce un aggiornamento continuo.
Sono perseguitato da persone convinte che selezioni le opere in base al mio gusto e che i pittori presenti in Eccellenti Pittori siano i pittori che mi piacciono. Vorrei strozzarli. Primo perché sono un pascaliano e Pascal mi ha insegnato che l'io è odioso. Certamente ho un gusto, come tutti, ma a differenza di molti non lo ritengo molto interessante e ho scelto di silenziarlo. Secondo perché il mi piace/non mi piace è una logica Facebook, così elementare da essere a misura di scimpanzé e io non sono uno scimpanzé e non mi rivolgo a scimpanzé. So bene che la logica di tante gallerie è il si vende/non si vende: una logica legittima, ma non è quella di Eccellenti Pittori. So bene che la logica di tanti critici è amico/non amico e qui non siamo nemmeno nel legittimo bensì, non essendo il caso di scomodare Carl Schmitt e il suo Concetto di politico, nel mafioso. Un brutto mondo che mi consente l'orgoglio della diversità: io pubblico tranquillamente pittori che mi sono politicamente, religiosamente, gastronomicamente ostili... Se dipingono bei quadri pubblico perfino pittori grillini, perfino pittori vegani.
Ma allora quali sono i miei criteri? Mea doctrina non est mea. Se Cristo non ha osato elaborare una propria dottrina figuriamoci se posso averlo osato io. La mia dottrina proviene da un pantheon di pensatori, non necessariamente critici d'arte, anzi preferibilmente non critici d'arte, degli ultimi secoli, dall'Ottocento di Foscolo e Nietzsche al Novecento di Kraus e Pasternak fino al Ventunesimo di Marc Augé e Roger Scruton. Se devo dire il criterio dei criteri lo individuo nell'invenzione di uno stile riconoscibile, ed è quanto sostenuto oggi da Gillo Dorfles, ma già perfettamente formulato da Baudelaire: «Creare una maniera: il genio sta in ciò». Niente di troppo difficile, dunque, niente di terribilmente complicato, alla faccia di quegli addetti ai lavori che si trincerano dietro un linguaggio incomprensibile, utilissimo quando non si ha nulla da dire.
Purtroppo non mancano i casi dubbi, i quadri di difficile valutazione, ma il più delle volte basta applicare la succitata regola aurea, confortati magari da qualche regoletta accessoria, ed ecco che da una massa indistinta di pittori per nulla indispensabili si vede sorgere il pittore eccellente.
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