Cultura e Spettacoli

Pubblico in visibilio per John Travolta alla Festa del Cinema di Roma

La star hollywoodiana, infaticabile nel mostrare disponibilità e cortesia ai suoi fan, ha ripercorso la propria carriera in un incontro ricco di aneddoti e rivelazioni.

Pubblico in visibilio per John Travolta alla Festa del Cinema di Roma

Ieri alla Festa del Cinema di Roma l'Incontro Ravvicinato con il pubblico ha avuto come protagonista John Travolta.

Il divo americano si è fatto attendere in sala per oltre mezz'ora, il tempo impiegato per percorrere un red carpet in cui non si è risparmiato in sorrisi, interviste, selfie e autografi.

Dopo un filmato introduttivo che ha visto scorrere sul grande schermo alcune tra le scene più belle della sua filmografia, l'attore ha risposto ad alcune domande poste dal direttore artistico Alberto Monda.

«Sono cresciuto in una famiglia in cui tutti erano ossessionati dal cinema», racconta, «quindi la mia decisione di far parte del mondo dell'intrattenimento non ha sorpreso nessuno: certo non mia madre, attrice e regista, né mia sorella, attrice. Anzi, sono stato in qualche modo sollecitato ad abbracciare questa professione in maniera totale e responsabile».

Ricorda che il primo a dargli fiducia, scegliendolo per il film "Carrie" fu De Palma. Il ruolo de "La febbre del sabato sera", invece, arrivò grazie al fatto che ad appena diciassette anni sostenne il provino per impersonare Gesù in "Jesus Christ Superstar". Il produttore del musical annotò su un pezzo di carta che quel ragazzo era troppo giovane per la parte ma che aveva la stoffa per diventare un grande e, al momento giusto, lo chiamò per proporgli "Grease" e, appunto, "Saturday Night Fever", mostrandogli proprio quello scritto. L'aneddoto dà modo alla star di spronare i presenti a capire che le occasioni fallite possono essere il seme di un successo futuro.

Tra i tanti personaggi interpretati, il direttore Monda lo sollecita a parlare di quello del presidente Clinton. Travolta spiega di essersi preparato studiando il funzionamento del Congresso e del Senato, la gerarchia dei poteri e tutte quelle cose che si suppone un Presidente debba sapere. Incontrò Clinton dal vivo sia prima sia dopo l'uscita del film e non si stupì che da buon politico l'uomo fosse molto gentile, nonostante un'opera di sicuro non tenera nei suoi confronti.

Divertente la digressione su Richard Gere, la cui carriera deve moltissimo al fatto che Travolta rifiutò i ruoli in "I giorni del cielo", "American Gigolo", "Ufficiale e gentiluomo e "Chicago", poi andati, appunto, a Gere. Al primo, come ricorderà più nel dettaglio poco dopo, dovette rinunciare per altri obblighi contrattuali, al secondo per divergenze col regista, al terzo aveva preferito la vita (prese il brevetto da pilota di jet anziché interpretarne uno al cinema), infine per "Chicago" l'errore fu suo che ne vide la piéce teatrale a New York e non amò che rappresentasse donne che odiano gli uomini. Solo in seguito si rese conto che nel film invece sarebbe stata data con molto sentimento una spiegazione comprensibile e condivisibile di tale ostilità.

La rivelazione più sorprendente riguarda Terrence Malick, che Travolta non esita a definire «l'uomo più sensibile mai conosciuto». All'attore era giunta voce che il regista, che lo aveva scelto per "I Giorni del Cielo" ma non aveva potuto averlo a causa di rigide regole hollywoodiane che legavano la star ad altre produzioni, ebbe una tale delusione dall'accaduto da rinunciare a girare film per ben diciassette anni. Quando poi ebbero modo di lavorare assieme sul set de "La sottile linea rossa", fu Malick stesso a confermargli fosse vero. «Questo mi fa ricordare che da bambino, vedendo la Masina morire nel film "La Strada" di Fellini, ne chiesi spiegazione a mio padre il quale mi disse che di crepacuore è possibile morire». Sentenzia quindi: «Fu qualcosa che mi cambiò la vita: decisi che avrei fatto di tutto per non far soffrire nessuno. Invece poi, ironia della sorte, pur involontariamente, ebbi modo di procurare quel grande dolore a Malick».

Del personaggio in "Pulp Fiction" dice di essere stato lui, ispirato da un viaggio ad Amsterdam, a consigliarne a Tarantino il celebre look con orecchino e capelli lunghi.

L'ultima di alcune clip proiettate nel corso della conversazione è relativa a "The Fanatic", film incentrato sullo stalker di una celebrità. Travolta riferisce di non aver mai avuto fan che non fossero pienamente amabili ma di aver provato empatia per il personaggio perché, come lui, ha una natura appassionata. Termina col sorriso, aggiungendo: «E' una delle mie interpretazioni preferite, perché quando mi viene proposto di vestire i panni di un uomo dai comportamenti strani, diciamo che ho le conoscenze "tecniche" per interpretarlo».

A chiusura dell'incontro è proprio per quel ruolo che viene premiato a sorpresa di fronte a tutti i presenti.

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