C'è uno scrittore e giornalista romano che è ossessionato dal ritorno del fascismo in Italia, vede ovunque razzisti e fascisti, soprattutto tra i giovani. Si chiama Christian Raimo ed è balzato agli onori delle cronache qualche mese fa quando, intervistato su Rete4 da Maurizio Belpietro con ospite Alessandro Sallusti, espose un cartello provocatorio con scritto «non c'avete un altro servizio sui negri cattivi?», intervenendo con uno stucchevole gergo romanesco.
Da qualche settimana è uscito il suo libro Ho 16 anni e sono fascista. Indagine sui ragazzi e l'estrema destra (Piemme) nato da un'inchiesta pubblicata sulla rivista Internazionale in cui Raimo non indaga - come recita il sottotitolo - ma giudica il fenomeno del neofascismo tra i giovani in un testo pieno di imprecisioni che evidenziano la sua scarsa conoscenza dell'argomento. Il caso più eclatante è la confusione che l'autore fa tra i termini «destra» e «fascismo», utilizzati come sinonimi. La lettura delle opere di De Felice (appena citato nel testo) aiuterebbe Raimo a conoscere meglio il fascismo, così come il libro di Furio Jesi Cultura di destra non soltanto non è sufficiente a capire l'orizzonte culturale della destra, ma è anche fuorviante.
L'episodio di Luca Traini, l'uomo che a Macerata, lo scorso 3 febbraio, sparò a 17 immigrati per, come disse lui, «vendicare» Pamela Mastropietro, la diciottenne romana uccisa e fatta a pezzi nella città marchigiana da un gruppo di nigeriani, non è il gesto di un folle squilibrato ma «la conseguenza naturale di questa educazione fascistoide di massa, quotidiana, spacciata per racconto del reale» generato dal «verminaio razzista che nutrono leghisti e neofascisti in tv, in rete, a partire dai leader Matteo Salvini, Simone Di Stefano, Giorgia Meloni» che «non è così dissimile da quello che Traini alimentava e con cui si autoricaricava».
Secondo Raimo per i politici di destra «degrado sono i neri, decoro la repressione e la violenza», l'ennesimo giudizio privo di ogni fondamento in cui si confondono con la violenza le richieste di una società ordinata in cui siano rispettate le regole. Lo scrittore romano sembra essere avulso dalla realtà del nostro Paese, per lui «i fascisti elaboravano testi e idee che oggi sono egemoniche» oppure «in contesti sempre più ampi essere fascisti è di moda, in altri ancora è persino l'elemento qualificante di una nuova unità cercata». Ma raggiunge un livello di mistificazione della realtà incredibile quando sottolinea «l'indulgenza dei media» nei confronti dei neofascisti. Se non assistessimo da mesi e mesi a una martellante campagna mediatica su questi temi, la sua faziosità farebbe quasi sorridere.
Raimo, che è fra i consulenti culturali del Salone del Libro di Torino, insegna nei corsi di scrittura, quindi dovrebbe conoscere la prima regola che si spiega a un autore esordiente: scrivi di ciò che conosci. Lui ha fatto il contrario, si è addentrato in un mondo che non conosce, ha affrontato un argomento complesso con superficialità e, quello che è peggio, con presunzione.
Non si è limitato a realizzare un'indagine oggettiva, a raccontare e riportare i fatti, ma ha espresso le sue opinioni strumentalizzando le dichiarazioni di ragazzi poco più che tredicenni presi a caso nelle scuole italiane. Alle volte «un bel tacer non fu mai scritto».
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