Scorsese presenta "The Irishman", saga criminale con De Niro e Al Pacino

In conferenza stampa a Roma il grande regista non ha parlato soltanto della sua ultima fatica, ma della piattaforma Netflix, del futuro del cinema e di molto altro

Scorsese presenta "The Irishman", saga criminale con De Niro e Al Pacino

Oggi alla Festa del Cinema di Roma è stata la volta della presentazione di "The Irishman", l'attesissima nuova opera di Martin Scorsese che ha per protagonisti due attori del calibro di Robert De Niro e Al Pacino.

"The Irishman", tratto dall’omonimo libro di Charles Brandt, racconta uno dei più grandi misteri irrisolti della storia statunitense: la scomparsa del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa (Al Pacino). Per l'incredibile durata di tre ore e mezza vengono esplorati, attraverso gli occhi del sicario Frank Sheeran (De Niro), i segreti, i meccanismi interni e le connessioni con la politica di quella che è stata la criminalità organizzata in America a partire dal dopoguerra.

«"The Irishman"», esordisce Scorsese innanzi ai giornalisti, «è un progetto che con De Niro accarezzavamo da molto tempo, l'occasione giusta per lavorare nuovamente insieme a distanza di così tanti anni». Ci tiene a chiarire che «un film non deve essere ambientato nell'epoca contemporanea per essere attuale, perché è la condizione umana a esserlo. Temi come i conflitti morali, il trascorrere del tempo, l'amore, il rimorso, la moralità e la mortalità appartengono all'esperienza stessa della vita e quindi parlano a chiunque».

Quando gli viene chiesto se "The Irishman" possa definirsi un'opera in parte religiosa e malinconica, risponde che «senza dubbio c'è un tentativo di contemplazione dello spirito se s'intende questo col termine "religioso", mentre più che di malinconia si può parlare di accettazione perché ad esempio i criminali nel film compiono brutte azioni con l'obbedienza che si avrebbe in un ambiente militare». Aggiunge: «Ho amato che la narrazione fosse quasi nuda, che non si dovesse spiegare tutto pur stando addosso ai vari personaggi».

Riguardo ad Al Pacino rivela che avrebbero dovuto lavorare negli Anni 80 a un progetto sul pittore Modigliani ma poi la cosa sfumò. «L'idea di coinvolgere Al è stata di De Niro. Il fatto che nella vita reale siano amici da anni, si stimino e si vogliano molto bene ha donato credibilità al rapporto speciale che nasce tra i loro personaggi».

Della tecnologia sperimentale usata per ringiovanire i due attori, Scorsese ha detto che è nata da una sua esigenza: «Non avevo alcuna intenzione di reclutare altri due interpreti per la versione giovane dei protagonisti. Io volevo fare il film solo con Al e Bob. Se è stato possibile investire in un nuovo tipo di computer grafica tanto costoso, si deve a Netflix che non solo ha finanziato interamente il progetto ma ci ha dato piena libertà creativa e nessun limite di tempo per la post-produzione, che in effetti è durata ben sei mesi».

In sala c'è chi azzarda un paragone con "C'era una volta in America" di Sergio Leone e il regista si limita a dire: «Perfetto. Io non ci ho pensato nel fare il film ma visto che l'accostamento è a un capolavoro, va bene così».

Sulle nuove modalità di fruizione dei prodotti cinematografici, Scorsese chiarisce a più riprese che «un autore non ha il controllo del modo in cui verrà visto il suo film. Non bisogna essere rigidi a riguardo, ci saranno sempre nuove possibilità, in futuro magari le proiezioni contempleranno l'uso di ologrammi. Ciò non toglie che il grande schermo resti il medium migliore».

Infine, a rinverdire una recente polemica ha aggiunto: «Oggi le sale stanno diventando sempre più simili a parchi divertimento perfetti per accogliere i cinecomics, prodotti che si possono realizzare purché non s'intenda lasciar credere ai nostri giovani che il cinema sia quello».

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