Un ricercatore dalle incerte prospettive accademiche viene inviato dall'università di Bologna al Dipartimento di italianistica di Tripoli, una istituzione a dir poco scalcagnata in una Libia dilaniata dalla guerra civile. Gheddafi è stato deposto dai ribelli, con l'apporto decisivo di Francia e Stati Uniti. Il suo cadavere è stato sfigurato a Sirte e Misurata nell'ottobre del 2011. Il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva fatto partire i caccia dopo la diffusione della notizia di un probabile attacco delle forze leali al dittatore contro i rivoluzionari asserragliati proprio a Misurata. La notizia era gonfiata a dismisura ma fu corroborata da un improvvido discorso del dittatore libico, che minacciò di riprendersi Misurata strada per strada, casa per casa. Alla festa si unirono gli Stati Uniti del premio Nobel per la pace Barack Obama, che scaricò in una sola notte centodieci missili Cruise sulla Libia. Le difese di Gheddafi furono polverizzate. Tolto di mezzo l'esercito del tiranno, le squadre della morte legate all'Isis e Al Qaeda poterono scatenare un conflitto micidiale. Oggi in Libia ci sono due governi rivali ma molte zone sono terra di nessuno, cioè a disposizione dei terroristi.
Il ricercatore precario dunque arriva in questo contesto incomprensibile per un occidentale. Il potere è una miscela esplosiva di servizi segreti, doppiogiochisti, mercenari, capi tribù, militari, squadroni della morte (islamica). Appena sbarcato, il professore di italiano viene avvicinato da un membro della nostra ambasciata il quale gli chiede di raccogliere informazioni su un giovane giornalista indipendente, che è stato la voce della primavera libica finita male. Nader, questo il nome, è cercato da tutti perché possiede documenti compromettenti. Per chi? Non si sa. Il professore è incuriosito, fa qualche domanda e si mette nei guai. Eppure continua a indagare. A modo suo: pasticcione e generoso. Al lettore scoprire dove conduce la strada imboccata dall'agente segreto improvvisato. Tripoli (pagg. 234, euro 16) è il primo romanzo di Roberto Vetrugno e il debutto della collana La porta dei dèmoni curata da Flavio Santi per le edizioni Unicopli. Vetrugno, leccese, ricercatore di Linguistica italiana a Perugia, solo per caso (ehm) ha effettivamente insegnato a Tripoli come Alberto, il protagonista del libro. La storia ricorda, neanche troppo alla lontana, quella di Giulio Regeni, il ricercatore assassinato in Egitto forse perché faceva troppe domande e frequentava ambienti legati all'opposizione. Alberto, a Tripoli, è colto dal sospetto di essere stato inviato in Libia proprio al fine di diventare un informatore occasionale. Ipotesi valutata dagli inquirenti anche nel caso di Regeni, giunto al Cairo dall'università di Cambridge. Comunque le somiglianze finiscono qua, Tripoli procede come una spy story con aspetti tragici ma anche comici. I secondi dipendono dalla costante inadeguatezza di Alberto, che riesce però a cavarsela sempre. I primi sono le tragedie con le quali deve misurarsi il protagonisti e noi lettori con lui. Un rapido e sommario elenco. Innanzi tutto, ci sono le disastrose conseguenze politiche degli interventi militari dell'Occidente in Paesi come la Libia, che si reggevano su equilibri difficili per noi da capire. Abbiamo portato il caos e favorito l'ascesa di tagliagole assortiti e vari. L'immigrazione di massa è gestita proprio dai tagliagole, che utilizzano i disperati come bancomat umani. Una delle scene clou del romanzo mostra proprio come funzionano le partenze dei barconi verso le nostre coste. C'è poi la situazione drammatica nella quale sono sprofondati i cristiani nelle zone controllate dalle milizie islamiche. E poi ci sono la corruzione, le prigioni disumane, i posti di blocco a rischio di pallottola... Tutto questo è ben raccontato da Vetrugno.
Tripoli è un libro necessario in anni di romanzi che evitano questi argomenti o li affrontano in chiave retorica, col ciglio
bagnato dalle lacrime e dall'indignazione d'ordinanza. Qui la retorica sta a zero. Ci si diverte e si impara senza che il professore Roberto/Alberto impartisca lezioni di alcun tipo, se non di stile ed efficacia nel raccontare.
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