Gli storici si spaccano sul caso Tajani

C'è chi vorrebbe imbavagliare la possibilità di parlare e riflettere sul Ventennio

Gli storici si spaccano sul caso Tajani

Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e vicepresidente di Forza Italia, nei giorni passati ha rilasciato una dichiarazione su Mussolini nel corso della trasmissione La Zanzara di Giuseppe Cruciani, su Radio24. Ecco le parole esatte: «Fino a quando non ha dichiarato guerra al mondo intero seguendo Hitler, fino a quando non s'è fatto promotore delle leggi razziali, a parte la vicenda drammatica di Matteotti, ha fatto delle cose positive per realizzare infrastrutture nel nostro Paese, poi le bonifiche». Tajani, per aver detto una ovvietà, è stato attaccato da ogni parte e, infine, si è scusato. Il 20 marzo è scesa in campo la Società italiana per lo studio della storia contemporanea (Sissco) con un comunicato tanto prudente (Tajani non è mai nominato) quanto duro nella sostanza: «Ciò che è emerso dalle sue parole (del presidente del Parlamento europeo, ndr) è il tentativo di avvalorare una lettura del tutto parziale del fascismo, volta a evidenziarne alcuni specifici aspetti come per sottrarlo a una più complessiva comprensione del fenomeno storico e alle, successive, valutazioni di ordine politico e civile». La Sissco lamenta inoltre la politica culturale che ha indebolito «la rilevanza della coscienza storica nella scuola e nella società», favorendo «questa pericolosa deriva».

Il comunicato ha finito per dividere la Sissco. Marco Gervasoni, in passato membro del direttivo, ha lasciato la Società. Professore di Storia contemporanea all'università del Molise e di Storia comparata dei sistemi politici alla Luiss di Roma, Gervasoni spiega al Giornale: «Sono uscito perché ultimamente mi sembra prevalere l'aspetto politico, giustamente tenuto in secondo piano nel passato per evitare spaccature. La Sissco ha fatto anche cose eccellenti, come prendere posizione contro la legge Fiano». Cosa c'è che non va nel comunicato, dunque? Secondo Gervasoni «ci sono tre punti estremamente controversi. Il primo. Di storia possono parlare solo gli storici e in particolare solo quelli appiattiti sull'antifascismo ma non sull'anticomunismo. Il secondo. A parte che Tajani ha detto il vero, nessuno prima di lui ha avuto l'onore di un comunicato che lo sconfessasse. Penso, ad esempio, ai negazionisti delle Foibe. Terzo. Il passaggio sulla eliminazione della storia appare strumentale se non si aggiunge chi l'ha voluta: il ministro Valeria Fedeli e non l'attuale governo».

A osservare la vicenda dall'esterno viene il dubbio che diventi sempre più difficile giudicare liberamente il fascismo dal punto di vista storico. «Rispetto ai tempi della Intervista sul fascismo di Renzo De Felice, era il 1975, certamente è così.

Un tempo si distingueva nettamente tra fascismo e nazismo. Oggi assistiamo alla nazistificazione del fascismo. Significa che il fascismo si incammina a incarnare il Male assoluto. Ma sarebbe meglio tornare a distinguere».

AG

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