Un super agente degli Usa coinvolto nella morte del Duce

Una ricerca resa nota da "Storia in rete" rivela la presenza di un alto ufficiale tra Azzano e Giulino il 28 aprile 1945

La foto (ritoccata) con l'agente Valerian Lada-Mocarski
La foto (ritoccata) con l'agente Valerian Lada-Mocarski

Pochi fatti storici sono stati studiati in maniera così compulsiva come gli ultimi giorni di Mussolini e la sua fuga verso il lago di Como. Eppure il mistero su quello che è accaduto tra il 25 aprile 1945 e la fucilazione del Duce e di Claretta Petacci, il 28 aprile 1945, resta. A partire dal ruolo giocato dai servizi segreti alleati. Sulla presenza di agenti inglesi nella zona di Dongo molto si è scritto e non è qui il caso di riepilogare la pubblicistica in merito. Ora però due studiosi svizzeri, Ettore Lucini e Dedo Tanzi, hanno portato a termine una ricerca che sembrerebbe confermare la presenza in zona anche di agenti americani (nota) e aumentarne notevolmente il peso. Il loro studio, condotto per anni e con acribia anche se non sono storici professionisti, viene raccontato sul nuovo numero di Storia in rete da Fabio Andriola. Ecco i punti salienti che dimostrerebbero che il 28 aprile 1945 tra Dongo e Menaggio si aggirava Valerian Lada-Mocarski (1898-1971) all'epoca il numero due in Europa dell'Oss, il servizio segreto americano precursore della Cia. Il primo indizio ai due svizzeri patiti di storia comasca l'ha fornito una fotografia (nella nostra pagina in alto a sinistra) pubblicata da Il Corriere d'Informazione nel 1965 a corredo di uno dei tanti articoli sull'«oro di Dongo» che dalla fine della guerra ad oggi non hanno smesso di andare per la maggiore.

L'articolo non forniva particolari informazioni ma tre dei quattro uomini ritratti nella foto erano chiaramente riconoscibili. Il comandante della 52esima brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini delle Stelle, il vicecommissario politico della stessa formazione, Urbano Lazzaro, (l'uomo che riconobbe Mussolini sul camion tedesco) e il partigiano Lorenzo Bianchi. Meno facile identificare l'uomo al centro vestito con un elegante abito bianco. Lucini e Tanzi notarono che il volto sembra alterato nello scatto. In aggiunta, le scritte sui cartelli alle spalle del quartetto sembrano stranamente illeggibili. Un errore nella riproduzione o un fatto voluto? E come mai l'automobile a cui i 4 erano appoggiati sembra tutto tranne che un modello italiano. Incuriositi, i due ricercatori si sono messi a indagare. In poco tempo hanno riconosciuto l'auto, una Ford Fordor Deluxe: «Un macchinone in dotazione solo a esponenti di alto grado della diplomazia e dei servizi Usa». La ricerca si fermerebbe lì se i due svizzeri non avessero incrociato una nuova versione della stessa foto, questa volta pubblicata da Oggi negli anni '90 a corredo di un'intervista a Urbano Lazzaro (foto visibile in alto a destra). I cartelli risultano leggibili, indicano Bonzanigo, Giulino e Mezzegra. Questo rende riconoscibile il punto dello scatto: il bivio di Azzano dove si fermò il camion con a bordo i gerarchi fucilati a Dongo per raccogliere anche i cadaveri della Petacci e di Mussolini. Esiste una foto d'epoca in cui il 28 aprile del 1945 gli abitanti del borgo si fecero ritrarre tutti in posa vicino alla macchia di sangue che colò dal camion pieno di fascisti crivellati di colpi (immagine piccola in questa pagina). Nella foto in possesso di Lazzaro risulta riconoscibile anche l'uomo vestito di bianco: è il colonnello Valerian Lada Mocarski (1898-1971). A quel punto i due svizzeri hanno richiesto ai servizi segreti americani il suo fascicolo e si sono messi a indagare nel fondo (carte e fotografie) che la vedova Lada Mocarski ha donato all'Università di Yale. È spuntata di nuovo la famosa foto. Ma è più grande e sembra si possa scorgere nella parte bassa la macchia di sangue lasciata dal camion dei gerarchi. Quella macchia il giorno 29 non c'era più, venne cancellata da un temporale notturno. A questo punto risulterebbe chiaro che Mocarski era sul lago di Como proprio nel giorno in cui Mussolini veniva ucciso, per i dati ufficiali invece è entrato in Italia solo dopo. Esistono poi due discussi «rapporti Mocarski», in teoria redatti intervistando a posteriori i partigiani, sulla morte del Duce (di cui il professor Francesco Perfetti ha parlato diffusamente nelle nostre pagine nel 2011): ora, fosse giusta la teoria dei due storici svizzeri, andranno guardati con altri occhi (quanto nascondono, quanto svelano?).

Cosa stava cercando di fare Mocarski? Prelevare Mussolini? Ci fu una corsa tra americani e inglesi per impossessarsi del Duce? Difficile dirlo ma, una volta controllata in maniera più approfondita la foto

originale nelle carte di Lada-Mocarski, la presenza dei servizi segreti alleati nella vicenda di Dongo potrebbe diventare sempre più provata. E questo getterebbe altre ombre sulla versione ufficiale della morte del Duce.

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