Venezia - Nella Cina del primo '900, dove l'ultimo imperatore è stato deposto e la nuova Repubblica oscilla fra i locali Signori della guerra e il nazionalismo e il comunismo che mirano a governare l'intero Paese, Xiao Hong spunta come un selvaggio e antico fiore letterario. Figlia di proprietari terrieri, è una ragazza ribelle che scappa di casa rifiutando un matrimonio combinato; intreccia una relazione con un cugino che poi la abbandona; riallaccia il legame con l'antico pretendente che a propria volta la scaricherà lasciandola incinta e con il conto dell'albergo di Harbin dove insieme hanno vissuto, da pagare... Sono gli anni '30 e la ventenne Xiao scrive una lettera alla International Gazette , giornale progressista fautore di una modernizzazione all'europea. La sua unica colpa, racconta, è voler essere libera, ma ora corre il rischio che il padrone dell'hôtel la venda a un bordello per saldare il debito... La Gazette non ha soldi da mandare, ma le invia la solidarietà di un giornalista-scrittore, Xia Jun, e un po' di libri. Leggendone i manoscritti, Xia Jun si rende conto del talento della giovane e se ne innamora. Un'inondazione manda intanto Harbin sott'acqua, e Xiao Hong approfittando del caos fugge dall'albergo. Rincontrato Xia Jun, i due decidono di andare a vivere insieme a Shanghai.
È l'inizio di un legame sentimentale e intellettuale, ma il clima dell'epoca è politico e rivoluzionario. Xia Jun lo incarna, con la sua letteratura ad alto tasso ideologico; Xiao Hong è lirica e riflessiva e pensa che il compito di un romanziere sia scrivere bei romanzi, non romanzi rivoluzionari... È affascinata dall'opera di Lu Xun, l'autore che ha modernizzato la letteratura del suo tempo, criticato però dalla nuova generazione ribelle e progressista perché non vuole «impegnarsi». Nel '37 il Giappone, che si è già annesso la Manciuria, occupa Shanghai, prodromo di un'invasione più ampia e della contro-guerriglia cinese. La coppia si è appena divisa, lui sempre più impegnato a scrivere con le armi, lei sempre più immersa nel proprio universo creativo fatto di memoria e dolore, barlumi di felicità e amarezza. Cinque anni dopo, a nemmeno trent'anni, la tubercolosi se la porterà via. Per il successivo quarantennio maoista il suo nome resterà quello di una scrittrice non in linea con i dettami del Grande Timoniere: troppo borghese e reazionaria. Solo dagli anni '90 si è cominciato a parlare di Xiao Hong come di una figura fondamentale nel panorama letterario della Cina.
The Golden Era , di Ann Hui, film di chiusura, fuori concorso, della Mostra, è un biopic non tradizionale. È costruito a blocchi cronologici, dove lo stesso episodio è raccontato da più angolazioni: la trasposizione letteraria che ne fece la stessa Xiao Hong, i ricordi di chi la conobbe, il giudizio critico di chi ne ha studiato l'opera. «È un metodo - sottolinea la regista - decostruttivo in grado di restituire il senso della fragilità dell'esistenza umana, nonché quello di una persona di genio che va incontro al proprio destino. L'utilizzo di queste fonti dà conto della complessità della sua vita e del percorso necessario a raccontarla».
Questo intreccio plurimo spiega anche la lunghezza del film, tre ore, che però scorrono veloci proprio grazie a un effetto collage mai banale. Le psicologie sono ben delineate e Ann Hui è abile anche nelle scene dei massa e nella ricostruzione di un clima e di un'epoca, una Cina che barcollando si risveglia dal lungo sonno della decadenza per piombare nel caso terribile e sanguinario che porterà alla guerra di liberazione, al regolamento di conti fra nazionalisti e comunisti, alle isterie della «rivoluzione culturale». Cinese di Hong Kong, settantenne, Ann Hui vent'anni fa vinse la Berlinale Camera alla carriera.
Cinese di Pechino, cinquantenne, Wang Xiaoshuai, in concorso con il sorprendente Red Amnesia , ben rappresenta l'attuale cinematografia nazionale. Entrambi sono la prova di un Paese capace di riflettere sul proprio passato per meglio comprenderlo e accettarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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