Per trovare lavoro bisogna avere i santi giusti

Stefano Crupi racconta l'ascesa di un giovane napoletano che per far carriera è pronto a tutto

Giovanni CoccoA un anno e mezzo di distanza dal felice esordio con Cazzimma, Stefano Crupi torna in libreria, sempre per Mondadori, con A ogni santo la sua candela (pagg.236, euro 18), un romanzo che mette in scena vizi e miserie umane del mondo impiegatizio. Una prova matura e convincente, per lo scrittore napoletano, incentrata sulla vita di Ernesto Ferrante, un giovane neolaureato pronto a tutto pur di affermarsi nel mondo del lavoro, nella cornice di una Napoli contemporanea lontana dai consueti cliché, in cui a farla da padrone sono l'arrivismo e la corruttela.Sapientemente orchestrato sul piano strutturale, il romanzo alterna la vicenda principale, narrata in terza persona, riguardante la scalata sociale e professionale di Ernesto, a dei capitoli di raccordo in cui la narrazione in prima persona è affidata alla voce della madre Maristella, la vera anima del libro, deus ex machina della vita del protagonista e dell'intreccio narrativo, per un totale di trentasei capitoli scanditi delle ricorrenze del calendario, perché «ogni santo», come recita il titolo, «vuole la sua candela».Una vicenda che si svolge per interni, dagli uffici della Club Service ai Quartieri, dai palazzi del Vomero alla periferia, in cui il microcosmo dell'ufficio diventa un mondo a sé, in cui le regole del servilismo, dell'adulazione e della sopraffazione diventano routine, e la pratica dello scambio di favori diventa l'unico modo per relazionarsi col mondo che sta di fuori.«La mia vita è quella chiacchiera che scambio, è quel favore che restituisco, quella cortesia che chiedo, è quell'intrico di relazioni che in tanti anni ho tessuto con pazienza e ostinazione», dice mamma Maristella, una donna moderna e determinata, disposta a tutto per proteggere il figlio e favorire la sua promozione sociale.Ernesto Ferrante è un giovane cinico e spietato, un arrivista sul modello di quegli arrampicatori sociali amati da Guy de Maupassant, uno che disprezza i propri colleghi e sacrifica tutto pur di affermarsi (i primi cinque capitoli sono un inventario quasi completo del malaffare quotidiano, dalla violenza privata all'intimidazione, dai ricatti alle bustarelle).Un romanzo privo di moralismo e intenti sociologici, capace di mettere a berlina gli antichi vizi, tutti italiani, della raccomandazione e della corruzione.

Una scrittura solida e senza orpelli, il frequente ricorso al discorso indiretto libero, una felicissima resa dei personaggi (a cominciare dal Direttore Caputo, dal boss Malatesta e dall'amante Cristina) e tanto disincanto.

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