“Zero”, altra serie tv italiana che promette più di quel che mantiene

Su Netflix arriva una storia di formazione, ambientata nella periferia milanese, che tocca temi importanti ma presenta troppe ingenuità, svolte narrative frettolose e un cast inesperto

“Zero”, altra serie tv italiana che promette più di quel che mantiene

Zero, rielaborazione fantastica del libro “Non ho mai avuto la mia età” di Antonio Dikele Distefano, è una serie disponibile da oggi su Netflix che ha la peculiarità di avere protagonisti afroitaliani e di denunciare, tramite metafora, l’invisibilità sociale di chi vive nelle periferie.

Il creatore è Menotti, lo stesso di Lo chiamavano Jeeg Robot, e il quartiere in cui è ambientata la storia è il Barrio, una zona di Milano che suona inedita al grande pubblico.

“Zero” mischia il racconto di formazione a quello d’origine supereroistica, toccando temi seri ed attuali come quello dell’integrazione e dello Ius Soli. Focalizzandosi sulle problematiche degli italiani di prima e seconda generazione, “Zero” persegue un intento nobile: normalizzarne la percezione, raccontandone da dentro le difficoltà e gli scoramenti quotidiani, così come i sogni, gli affetti e i valori.

Omar (Giuseppe Dave Seke), ragazzo afrodiscendente della periferia milanese, sbarca il lunario facendo il rider per una pizzeria e disegna fumetti per passione. Vive con il padre e la sorellina Awa (Virginia Diop), ma sogna di fuggire dal quartiere e andare all’estero. Una sera, durante una consegna, conosce una ragazza della Milano bene, Anna (Beatrice Grannò), ed è colpo di fulmine. I due iniziano a frequentarsi e proprio quando il ragazzo comincia a sentirsi finalmente importante agli occhi di qualcuno, scopre di avere il super potere di rendersi invisibile, in senso letterale. Inizia a farsi chiamare Zero, proprio come il personaggio da lui disegnato nel tempo libero, e diventa parte di un gruppo di coetanei che ha a cuore la sorte del quartiere, sempre più spesso vandalizzato da chi ha interessi commerciali su di esso. Con i nuovi amici, Sharif, Inno, Momo e Sara (interpretati rispettivamente da Haroun Fall, Madior Fall, Richard Dylan Magon e Daniela Scattolin), tutti di origine africana, Zero affronterà brutti ceffi malavitosi, si troverà a insidiosi tavoli da poker e allenerà il proprio super potere, mentre in famiglia emergeranno vecchi misteri.

Questa è una serie corale, dallo sguardo pieno di autentico disincanto su realtà difficili che vengono esplorate ricorrendo a una commistione di generi (azione, thriller, dramma romantico, fantascienza). L’aspetto dell’invisibilità di Zero è ben realizzato, il ritmo dinamico e gli episodi brevi. La serie scorre veloce e si lascia vedere volentieri, anche se le lacune restano evidenti: i dialoghi suonano artefatti, gli snodi narrativi sono spesso frettolosi e gli attori protagonisti smaccatamente privi d’esperienza.

La colonna sonora è un valore aggiunto, forte dell’apporto di chi domina la scena musicale rap e hip-hop contemporanea (nomi come Marracash, Coez, Mahmood, Tha Supreme, Gué Pequeno e Madame).

Malgrado, come spesso accade nel caso di serialità italiana destinata al pubblico internazionale, una buona idea di partenza veda ridimensionato il proprio potenziale a causa di

problemi di scrittura, “Zero” merita uno sguardo, se non altro per curiosità e per scoprire una Milano che non sia solo quella di Piazza Duomo o degli spettacolari grattacieli di City Life e Gae Aulenti.

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