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Le spie blindano la Russia, Putin prenota il plebiscito

Con mezzo milione di agenti ai seggi il presidente insegue il 65%dei voti E ogni trucco vale. Intimidazioni agli elettori, minacce alle opposizioni, nuove regole elettorali per eliminare i rischi: i russi non hanno scelta

Le spie blindano la Russia, Putin prenota il plebiscito

nostro inviato a Mosca

A Mosca capita che l'organizzazione giovanile putiniana Nashi pubblichi sul proprio sito un comunicato in cui annuncia la vittoria trionfale di «Russia Unita», il partito del presidente, 24 ore prima che gli elettori si rechino alle urne. Capita che i servizi servizi segreti dell'Fsb - l'erede del Kgb - decidano di assumere il controllo della sicurezza ai seggi sottraendola alla polizia, con una mobilitazione di forze senza precedenti: oltre 450 mila uomini, di cui 20mila solo nella capitale. Capita che vengano stampate il triplo delle schede elettorali rispetto alla consultazione di quattro anni fa.
Oggi gli elettori rinnoveranno il Parlamento, ma la loro volontà pare ininfluente. Putin, capolista di Russia unita, ha bisogno di un trionfo per continuare a dominare la scena politica anche quando, a partire da marzo, avrà lasciato il Cremlino. E trionfo sarà. L'unica incognita riguarda l'entità. Basta una maggioranza del 65% con una partecipazione in crescita di un paio di punti percentuali in confronto al 2003? Lo scopriremo stasera, di certo nessuno crede alla correttezza di queste elezioni, a cominciare dagli stessi russi: il 65% degli elettori è persuaso che il voto sia truccato. Molti possono affermarlo per esperienza personale, soprattutto nelle regioni periferiche, dove le autorità hanno esercitato pressioni, intimidazioni, persino minacce; lontano da occhi indiscreti, visto che gli osservatori dell'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione in Europa non sono stati ammessi, con l'eccezione di un drappello di parlamentari.
Anche il sistema elettorale è stato modificato per agevolare il partito di Putin: aboliti i candidati indipendenti e i seggi attribuiti col sistema maggioritario, entrano alla Duma solo i partiti che superano lo sbarramento del 7%. Ne sono in lizza undici, ma solo due sono certi di farcela: «Russia Unita» e i comunisti. Altri due sono al limite: quello liberaldemocratico di Zhirinovsky e il nuovo partito di sinistra «Russia Giusta», ma entrambi sono affiliati di fatto al Cremlino. Finti concorrenti per dare al voto una parvenza di democrazia. I veri oppositori non saranno rappresentati alla Duma, ammesso che ce ne siano, a parte il movimento «Altra Russia», capitanato dall'ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov, a cui la commissione elettorale non ha convalidato le firme e che dunque non appare in lista. Sui partiti liberali tradizionali grava un'ombra. Secondo indiscrezioni di stampa, «Yabloko» e forse anche l'«Unione delle forze di destra» avrebbero stipulato un accordo segreto con il Cremlino in questi termini: «Russia unita» avrebbe dirottato pacchetti di voto sufficienti a garantire l'entrata in Parlamento in cambio di una linea politica meno critica e più compiacente. Ma pochi giorni fa il regime ci avrebbe ripensato. Da quando Putin ha scelto di guidare il partito è diventato prioritario assicurare a Russia unita il maggior numero di seggi. Dunque i liberal-conservatori rimarranno quasi certamente fuori dalla Duma.
Certo, anche se le elezioni fossero state libere, il partito del presidente avrebbe ottenuto la maggioranza relativa. Il boom dei prezzi di petrolio e metano ha arricchito il Paese, che è ben diverso da quello povero e demoralizzato che elesse Putin nel 2000. Gli elettori gliene sono ancora riconoscenti e non a caso lui ha impostato la campagna proprio sulla contrapposizione tra la situazione attuale e quella dei tempi di Eltsin. Oggi Mosca brilla, ma il malcontento cresce, soprattutto in provincia: perché i petrodollari sono finiti per lo più sui conti degli oligarchi e solo marginalmente hanno alimentato l'economia reale; perché il 25% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. E perché l'inflazione cresce impetuosamente, erodendo il potere d'acquisto. Putin ha cercato di porvi rimedio, imponendo prezzi di Stato sui beni di prima necessità, come ai tempi dell'Unione sovietica; ma con scarso successo. E il disagio si diffonde, inducendo azioni di proteste spontanee; fatto raro in un Paese come questo.

L'altro giorno un sindacato indipendente ha proclamato uno sciopero bianco che ha mandato in tilt molte linee ferroviarie; gli operai della Ford hanno bloccato le catene di montaggio, mentre in diverse città pensionati organizzano manifestazioni davanti ai grandi magazzini. Un po' per convinzione e un po' per forza, gli elettori garantiranno a Putin il plebiscito richiesto. Ma l'umore della Russia è tutt'altro che gioioso.
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