L'arbitro che non si arrendeva dinanzi ai potenti, ieri si è arreso alla lunga malattia che da gennaio lo aveva minato nel fisico e solo nel fisico. Luigi Agnolin, 75 anni, una vita spesa nel calcio prima col fischietto a imporre regole e rispetto, poi a dirigere con severità la categoria, infine dietro una scrivania di alcuni club, non è stato un semplice arbitro. Con Paolo Casarin, i due tenori degli anni 80, protagonisti di una rivalità mai esibita, anzi cementata da una solida amicizia personale che affondava nelle comuni radici venete, ha incarnato il passaggio obbligato dall'epoca dei Lo Bello e Gonella, a quella moderna scandita dall'invasione della tv e dalle modifiche regolamentari.
La sua carriera da arbitro è stata un modello: oltre 200 partite dirette, partecipazione a due mondiali, una finale di coppa Campioni, sono la sintesi di una striscia senza macchie. Impreziosita da qualche episodio che diede lo spessore dell'uomo più che dell'arbitro. Storica la sua chiosa nel bel mezzo di un acceso derby di Torino. Al culmine di una serie di proteste bianconere, Agnolin sbottò con Bettega: «Se continuate vi faccio un cesto così!». Qualche giorno dopo, quando la frase finì sui giornali, con Campanati e Gussoni, i capi dell'epoca, non smentì.
Già perché, al netto della colorita espressione, Agnolin diede subito l'impressione di non lasciarsi intimidire dalle squadre, dagli stadi e dalle società di rango. Con lui il famoso miedo escenico, panico da palcoscenico, non fu mai un tormento, semmai una carica speciale. Nel '90 Matarrese gli affidò la guida del settore degli arbitri di C e in quel gruppo di aspiranti, colse al volo le qualità di un fuoriclasse, Pierluigi Collina, frenato in precedenza dalla perdita di capelli vissuti dall'ambiente come una sorta d'impedimento alla carriera. Agnolin spazzò via il pregiudizio con una battuta delle sue: «Mica fa il parrucchiere!». Perciò quando nel 2006 esplose calciopoli, l'avvocato Guido Rossi, commissario della federcalcio, gli affidò l'incarico di ripulire l'Aia, travolta dallo scandalo.
Fedele alla concezione dell'arbitro giudice unico della partita, non ha mai condiviso il ricorso alla tecnologia né l'introduzione del Var che ha modificato il suo mondo.
Debilitato dal tumore al pancreas, del quale parlava apertamente senza turbamento, qualche mese fa, a luglio, ha aperto casa sua alla visita di Paolo Casarin e signora. È stato lui, Gigi Agnolin, il vecchio leone ferito, senza capelli né barba, a incoraggiare i suoi ospiti e a scommettere sulla guarigione.
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