Arbitri, allenatrici, persino abili manager. Quando le donne hanno potere nel calcio

Dalla zarina del Chelsea alla fischietto Steinhaus a Imke tecnico dei maschietti

Arbitri, allenatrici, persino abili manager. Quando le donne hanno potere nel calcio

Ballano pregiudizi e posizioni apicali. Ma anche visioni ancestrali delimitanti un muro eretto nei secoli, che sembra impossibile da buttare giù. In campo o al potere, la partita di una donna nel calcio resta sempre quella più difficile da vincere. Gli avversari si chiamano preclusioni e luoghi comuni, nell'estate 2014 Sepp Blatter era ancora nel suo periodo di maggior fulgore e sulla scarsità di quote rosa in seno alla Fifa disse: «Il calcio è macho, difficile accettare donne al comando». La prima nel comitato esecutivo della federazione internazionale era arrivata soltanto un anno prima, Lydia Nsekera, già presidente della Federcalcio del Burundi. La prima europea, anche grazie all'Italia, ce l'ha fatta poco più di due anni fa ed Evelina Christillin è diventata la prima europea a mettere piede nell'Olimpo del calcio mondiale. Sempre nel 2014 il candidato alla Figc, poi divenuto presidente, Carlo Tavecchio a proposito del calcio femminile se ne uscì così: «Nel giocare pensavo che le donne fossero handicappate rispetto agli uomini, non solo tecnicamente». Sono passati ormai alcuni anni, qualche eccezione si è imposta nei ruoli più disparati, ma sotto questo aspetto il mondo del pallone è ancora indietro.

Oltre alla convivenza tra Barbara Berlusconi e Adriano Galliani alla guida del Milan, nel nostro calcio l'ultimo esempio a livello dirigenziale tra i top team è ancora fermo al 2011, quando Rosella Sensi lasciò la Roma ereditata dal padre Franco, dopo esser stata anche la prima vicepresidente della Lega di A. Da qualche mese invece Cristiana Capotondi è vicepresidente della Lega Pro, mentre sono diverse stagioni che la vera regina delle cronache calcistiche italiane è Wanda Nara, moglie dell'interista Icardi, ma allo stesso tempo mamma, agente, soubrette, influencer e anche imprenditrice. Non è chiaro quale sia il limite tra i suoi tanti ruoli, ha più follower del marito goleador. Sposta sempre l'asticella un po' più in alto, ha ripensato il ruolo del procuratore traslandolo dalle segrete stanze alle piazze virtuali chiamate social. Tanto che dall'anno prossimo arriveranno norme più stringenti per gli agenti dei calciatori, una mossa già ribattezzata anti-Wanda.

Impossibile creare un argine invece per Marina Granovskaia, temutissima longa manus di Abramovich nella conduzione del Chelsea. Ne sanno qualcosa Mourinho e Conte, non certo due signorsì, ora sotto le grinfie della zarina c'è Maurizio Sarri, ma il modo di lavorare e di rapportarsi con i sottoposti non è mai cambiato di una virgola. È così dal 1997, quando Granovskaia entrò alla corte del magnate russo, contribuendo poi dal 2003 alla ricca gestione del club inglese, senza mai concedersi ai microfoni ed evitando qualsiasi occasione per intaccare l'aura di mistero e imperio che la circonda. Si fa come dice lei, i margini di trattativa spesso sono labilissimi e l'esempio più lampante resta il modo con cui è stato liquidato un simbolo del calibro di John Terry, ventidue stagioni al servizio dei Blues e messo di fronte a un aut aut come fosse l'ultimo arrivato.

Un altro pezzetto di quel muro all'apparenza incrollabile è caduto nel settembre 2017 in Germania. Il match di Bundesliga tra Hertha Berlino e Werder Brema fu diretto per la prima volta da una donna, la bionda Bibiana Steinhaus. Poliziotta di Hannover, compagna dell'ex arbitro Webb e con l'Hertha nel destino: nel 2010 in un match di seconda serie Niemeyer le palpò il seno, a partita in corso, come se nulla fosse. Sempre in Germania c'è il recente approdo di Imke Wübbenhorst sulla panchina del Vp Cloppenburg, una squadra tedesca di calcio professionistico maschile. Uno dei vice ha reagito lasciando la squadra («non raccolgo i coni in allenamento per una donna...») alla quale Imke ha chiesto: «Chiamatemi mister, io sono il vostro allenatore».

Al suo arrivo, la risposta ironica che ha fatto il giro del mondo: «Volete sapere se ai miei giocatori ho chiesto di indossare i pantaloncini prima del mio ingresso nello spogliatoio? Certo che no, sono una professionista. Scelgo i miei calciatori in base alle dimensioni del loro pene...». Il potere femminile nel calcio non sembra ancora sexy. Eppur si muove.

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