Aru: «Che sofferenza Dormivo anche durante i massaggi Ma in gara volavo»

Milano Sorride Fabio Aru, con quei suoi dentoni bianchi bianchi come la sua maglia di miglior giovane del Giro. Sale per il secondo anno consecutivo sul podio del Giro: un anno fa terzo, quest'anno secondo. «Sono felice di quello che ho fatto vedere quest'anno, perché il mio Giro non è stato né semplice né tantomeno banale - spiega il ragazzo di Villacidro, che Vinokourov vorrebbe portare anche al Tour, per metterlo al fianco di Nibali -. Ho dovuto stringere i denti in più di un'occasione. Sono stato male nella tappa di Vicenza, ho sofferto come mai sul Mortirolo. Ho pensato anche di abbandonare la corsa, ma Martino (Beppe Martinelli, ndr ), il mio tecnico, mi ha esortato a non darmi per vinto. Non so nemmeno io come abbia fatto. Ho dormito anche durante i massaggi, e salivo in bicicletta solo per forza d'inerzia. Partivo stanco, spossato, poi in corsa mi ritrovavo. Ho vinto due tappe, se me lo aveste chiesto al mattino, io vi avrei detto: "Ma come faccio a vincere se mi sento morto?"».

Poi è il momento dei ringraziamenti, per questo Giro corso da protagonista.

«Dedico il mio secondo posto alla squadra. Ai miei compagni che mi sono stati vicini per 20 giorni. In squadra non ci sono mai state gerarchie. Mikel (Landa, ndr ) si è meritato sul campo i due successi e il terzo posto sul podio. Sul Mortirolo - uno dei miei momenti più duri - mi ha aspettato, poi io gli ho dato via libera. La squadra non mi ha mai abbandonato e io di questo gliene sono grato».

Dove ha imparato a soffrire, a stringere i denti?

«Fin da ragazzino, da quando

andavo a scuola. Dovevo viaggiare per correre. Anche venti viaggi in 3 mesi, ma non ho perso anni a scuola (liceo classico, ndr ). Ho imparato a rinunciare, a non darmi mai per vinto, per trovare qualcosa di più dentro di me».

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