La notte di Bologna che ha aperto il ciclo (ufficiale) della nuova Nazionale ha soprattutto tre facce: quella apparentemente tranquilla di Roberto Mancini, che tende sempre a gettare acqua sul fuoco ma la cui mano sull'Italia della rinascita ancora non si vede pienamente; quella tirata di Mario Balotelli, sofferente alla coscia destra (è uscito dallo stadio Dall'Ara zoppicando e sibilando un «non va bene...») reduce da una partita storta e senza guizzi come spesso gli è capitato in passato; quella felice di Federico Chiesa, che ha regalato un minimo bagliore a una squadra che sembrava bloccata in un tunnel pieno di trappole.
La gara di esordio di Nations League con la Polonia, che non ha riempito lo stadio Dall'Ara e non ha entusiasmato i tifosi a casa (appena 7 milioni davanti alla tv), potrebbe aver mutato gerarchie azzurre per altro non ancora definite. È evidente, e di questo ne è consapevole anche il ct, che Balotelli non è in condizione e non merita la fiducia che pure Mancini gli ha dato a Bologna. «Ha messo il massimo impegno, ha solo bisogno di giocare e i fischi ricevuti (per la verità misti ad applausi, ndr) fanno parte del gioco», così il ct archivia il «caso» di SuperMario. Più volte durante la sfida ha provato a indicargli la strada, ma non ha ricevuto risposte. Come la squadra che ha provato ad accendersi e ad accenderlo.
Ieri accertamenti medici per il guaio muscolare, non sembra esserci allarme per un suo prematuro ritorno a casa. Ma di sicuro la sua condizione precaria - era già «ingolfato» durante il riscaldamento di Italia-Polonia - sarà l'alibi per il cambio, obbligato, con Belotti nella seconda gara di domani contro il Portogallo. «Provo affetto per lui, è ovvio, ma il ritorno di Mario in azzurro ha motivazioni escvusivamente calcistiche», così Mancini in una recente intervista estiva a proposito del suo pupillo. Il ct è convinto che il libro del calcio di Balotelli non sia ancora concluso, ma fracamente dopo l'opaca prestazione di Bologna, la prima ufficiale in azzurro per lui dopo oltre 4 anni, ora è indifendibile.
Al Balotelli con le pile scariche ha fatto da contraltare il Chiesa in continua crescita. Nessuno si stupisce più della costante maturazione del figlio d'arte, neppure Mancini: «Ha fatto bene quando è entrato, ha quelle qualità che gli altri esterni non hanno. Ad esempio lo strappo in velocità. Sta migliorando, è un ragazzo ancora giovane e potrà fare sempre meglio». Il calciatore della Fiorentina, che a Mancini ricorda il papà Enrico («ha le stesse finte, le stesse accelerazioni e un tiro molto simile», disse qualche tempo fa il ct), è stato già titolare contro Argentina - c'era Di Biagio in panchina - e Francia. E dopo sei gettoni con l'azzurro dei grandi, è forse il momento di promuoverlo titolare.
Il suo rodaggio sembra finito, nella mediocrità generale mostrata dagli azzurri a Bologna lui ha acceso la luce. Con il Portogallo Mario farà da spettatore, Federico sarà protagonista dall'inizio. Magari con Belotti e Bernardeschi compagni di reparto.
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