Il malinteso senso del calcio spettacolo porta a raccontare la bellezza delle partite solo in base ai gol e non in base a risultati, strategia, gioco d'attacco o difesa. Lo show da gruviere eccellenti mostrato da Manchester City e Real Madrid ne è riprova. Tutti a lustrarsi gli occhi per i gol fatti e quelli mancati e nessuno a offrire una critica al modo sbilenco di disegnare un match con difese che fanno acqua e un complessivo squilibrio fra gioco e assetti non solo tattici. Senza dimenticare che, alla fine, conta l'eccellenza individuale dei giocatori come hanno dimostrato City e Real. Il bravo Arrigo Sacchi forse ha fatto danni a sua insaputa nel tempo che fu: recitava sul gioco di squadra, ma gli uomini erano di assoluto valore. E sapevano difendere. Il tutto portava risultati. Oggi, invece, passiamo interi campionati a discettare sul bel gioco dell'Atalanta, del Sassuolo, mettiamoci Fiorentina e altre. Ma poi dove finiscono? Dietro le vincenti: nel calcio di contorno. Quando fra i professionisti, soprattutto, conta l'arrosto non il fumo. Cosa farne delle meraviglie bergamasche, se il massimo godimento arriva alla qualificazione Champions e mai ad un trofeo da bacheca? Che fare della bellezza estetica del Sassuolo se i migliori giocatori si perdono appena il livello (anche in nazionale) si alza? Bel calcio, ma quello di Inter, Milan, Juve ha diverso orizzonte: vinci o non ci capiamo più. La pressione è altra.
Meglio giocar male e vincere. Se giochi bene e svapori, svapora pure l'interesse per il pallone. Ciao a stadi affollati e audience tv. Il Napoli di Maradona e Careca non mostrava un gran calcio, ma è rimasto nella storia.
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