Colpo di scena: Andrea Belotti lascia la moglie. Ma come, si è appena sposato, tra ombrellini bianchi a tutelare la privacy, e già si sarebbe stufato della dolcissima Giorgia? No, evitiamo l'equivoco imbarazzante o la famosa fake news come si usa dire e scrivere oggi. Belotti prosciuga la luna di miele e si aggrega al Torino in raduno. Così si vive e si dimostra di essere professionisti. Il resto è fuffa. Il resto è roba da cortile. In contemporanea, Donnarumma salta l'esame di maturità (ehm), alza un polverone che nemmeno un turbine nel deserto, sale a bordo di un aereo privato e fugge a Ibiza.
Ecco la differenza fra ieri e oggi, ecco la differenza tra due tipi del nostro bel football italiano, uguali e distanti, simboli delle loro rispettive squadre, Il Torino e il Milan, uniti dall'azzurro della nazionale. Dove sta l'errore? Beh, Belotti non stupisce, non ha dimenticato Calcinate, la culla di origine e nemmeno Palermo, il sito dove ha scoperto l'amore suo, Giorgia, non ha dimenticato il Torino e il presidente Cairo che ne hanno fatto un oggetto di desiderio per nulla oscuro, anzi un gioiello da cento milioni, al punto che radiomercato, su frequenze non meglio identificate, ha messo in circuito la voce che addirittura Jorge Mendes, il procuratore dei procuratori, sarebbe intenzionato a portar via il ragazzo, cioè la procura, per trasferirlo altrove, i cento milioni sono roba bella e pesante.
A Donnarumma è andata suppergiù così, valutazione da prodotto interno lordo, popolarità a mille, un procuratore che come Mendes ha un potere sovrumano, il desiderio capriccioso di alzare la posta, oltre alla cresta. Insultato dai tifosi, il Gigio del Milan, amatissimo a prescindere l'Andrea del Toro. Ragazzi diversi, gestiti anche in modo diverso. A essere romantici, con il rischio di cadere nella trappola della melassa, si potrebbe pensare che anche il Belotti, prima o poi, lascerà il Torino, e non la Giorgia, per andare dove lo porta il portafoglio. Ma è il modo in cui la storia è raccontata e vissuta, dagli interessati e dal loro entourage. Belotti continua a correre con le mezze luci, ha un fisico tosto anche se goffo, un accenno di cifosi nulla toglie alla sua potenza e prepotenza, è un toro vero, da corrida, combattente e non polemico, un centravanti come si sognava da tempo, direi Boninsegna, chiedo scusa al maestoso Bonimba, un goleador, aggiungerei Pulici, chiedo scusa a Puliciclone, tutta roba buona.
Belotti, dunque, appartiene al calcio che fu o è stato e, comunque, cerca di resistere al logorio del denaro moderno. Donnarumma è finito nella centrifuga e ci ha messo del suo, Raiola ha fatto quello che sa e deve fare un qualunque agente impresario, badare agli interessi del proprio assistito ma quando costui è così illustre, giovanissimo e talentuoso allora incomincia la fiera, parlano tutti e tutti smentiscono. Alla fine Belotti è del Toro e Donnarumma del Milan, come prima, più di prima. Ma non è il caso di riporre in archivio le due vicende. Sono parallele, a scuola ci insegnavano che non si uniscono mai. Quelle, in verità, erano e sono le rette, qui trattasi di due calciatori, campioni che per qualcuno sarebbero fenomeni. Occorre prudenza, serve pazienza. Cairo è il vero cinese nel gestire gli affari, i numeri gli danno ragione e la valutazione da cento milioni dati a Belotti non hanno montato la testa al torello.
Mister Li del Milan non aveva forse capito che il football italiano non è uno scherzo cinese, al cuore non si comanda, Donnarumma ha tirato la corda ma i nuovi padroni del club rossonero hanno buttato via tempo, inutilmente. Alla fine, comunque, vissero tutti felici e contenti.
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