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Berlusconi riavvolge trent'anni di derby da Minaudo a Niang

L'esordio amaro, il primo grazie a Virdis, poi l'Inter gli aprì le porte a scudetti e Champions

Berlusconi riavvolge trent'anni di derby da Minaudo a Niang

I derby sono come gli amori, gioie e dolori, stordimento e cadute rovinose. Specie se, come nel caso di Silvio Berlusconi, presidente reduce da un trentennio insuperabile e destinato a lasciare tra qualche settimana il suo affare del cuore, riescono a raccontare una vita spesa sulle poltrone di San Siro in nottate epiche e pomeriggi da dimenticare. Il primo derby della collezione berlusconiana non fu dei più fortunati (gol nerazzurro di Carneade Minaudo) ma divenne il prologo a una cavalcata trionfale inaugurata nel lontano '86, con Liedholm in panchina, da un 2 a 1 chiuso a lucchetto dal colpo di testa di Virdis. Poi venne il tempo di Arrigo Sacchi e del suo calcio rivoluzionario e cominciò la stagione dei trionfi e delle sfide memorabili con i tedeschi del Trap. Simbolico quello dell'88, preludio allo scudetto con il suggestivo sorpasso sul Napoli di Maradona. Finì così: 2 a 0, ancora Virdis, in pressing su Passerella, e sassata di Gullit sotto la traversa. Didascalico il commento di Beppe Bergomi: «Per fare gol a quel Milan dovevano girarsi e tirare in porta i difensori rossoneri!». Dello stesso valore, perché tatuati nella memoria collettiva del popolo rossonero, i 4 derby di Champions league che infiammarono la rivalità negli anni post Duemila. Dapprima Ancelotti contro Cuper rosolati sulla graticola della grande attesa: l'interista, eliminato, scivolò dal cuore di Moratti con quella sconfitta, Carlo volò verso Manchester e la sua prima Champions da allenatore. Fu Sheva il magnifico eversore fino al rigore dell'Old Trafford che decise la finalissima. Più tardi toccò anche a Roberto Mancini conoscere lo stesso malinconico destino centrato da un colpo di testa di Stam e da una rasoiata di Shevchenko e mortificato dai fumogeni finiti sulla spalla di Dida. Fu in quella occasione che la curva milanista pubblicò lo striscione gigantesco col quale raffigurò l'urlo di Munch e la scritta: noi realizziamo i vostri sogni.

Era l'era marchiata a fuoco dal talento purissimo di Riccardo Kakà che divenne, non a caso, l'emblema del derby della rimonta spettacolare del 2004: da 0-2 a 3-2 al culmine della seconda frazione chiusa dal pirotecnico intervento di Berlusconi che chiosò la serata magica con il diktat del modulo da adottare. «Scriverò una lettera all'allenatore affinchè giochi sempre con 2 punte più il trequartista», rivelò a tv e giornali. Ancelotti incassò senza fare una piega e più avanti continuò col suo modulo ribattezzato alberello di Natale a seminare successi. Eppure secondo Adriano Galliani, e non solo, «il derby che non si dimentica mai» è quello dello 0 a 6, serata di gloria di Comandini, Shevchenko e Serginho, guidati dall'astuto Cesarone Maldini che prese a martellate l'Inter di Marco Tardelli suo vice ai tempi dell'Under 21. La scena finale, con le bandiere neroazzurre e gli striscioni lanciati dietro la porta di Frey dai tifosi sconsolati, raccontò lo sgomento del popolo interista. Per Silvio Berlusconi quella data fu uno squillo di tromba perché salutò con 48 ore d'anticipo, nel 2001, il suo secondo successo elettorale e il ritorno a palazzo Chigi da Presidente del Consiglio.

Eppure, come è naturale che sia, non furono soltanto sfide memorabili di un solo segno o scandite da risultati favorevoli. Perché in un derby, di modesto spessore tecnico, deciso da uno stinco di Kakà, ad esempio, il presidente salutò quel successo con una smorfia, fedele al motto che il suo Milan «non deve solo vincere ma anche convincere». Non sono mancati, in trent'anni, i rivali terribili patiti dal Milan di Berlusconi, gli ammazza-derby, dall'anonimo Minaudo al fiero combattente Nicola Berti, ai tedeschi Klinsmann e Mattheus e più di recente a Cambiasso e Cruz e ancora Maicon e Sneijder che fecero a fettine il Milan di Leonardo scoperto lento e impacciato nell'ordinare il cambio di Gattuso ammonito (Seedorf in panchina perse tempo per indossare gli scarpini) e finito espulso per somma di gialli. Milito è stato l'incubo di Abate, il tacco di Palacio la beffa per Zapata.

Solo il palo scheggiato su rigore da Icardi, nell'ultimo derby di Mihajlovic, ha restituito alla storia di Milan-Inter un Silvio Berlusconi sorridente e beato, gratificato dal tris confezionato da Niang.

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