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Berlusconi suona la carica "Li ho fatti sentire da Milan"

Il presidente, a Milanello con Barbara, tiene a rapporto la squadra. "Spero di tornare spesso e di aver iniziato il lavoro per ottenere frutti"

Berlusconi suona la carica "Li ho fatti sentire da Milan"

Milanello - «Adesso vi racconto che cosa è il Milan». Se il Milan del presente, con i suoi rari alti e i suoi troppi bassi, non rilascia alcuna garanzia di successo, meglio rivolgersi al ricordo del grande Milan che fu. Non un secolo fa, naturalmente. Ecco la trovata di Silvio Berlusconi, arrivato ieri pomeriggio a Milanello, per motivare un gruppo smarrito e impaurito, giunto dinanzi a un bivio che vale qualche milione (almeno 8) e un bel po' di prestigio. «Ho abbracciato uno per uno tutti i ragazzi e ho cercato di portare loro il ricordo di quello che è stato il grande Milan e che ancora è, la squadra che ha vinto più trofei internazionali nel mondo» il resoconto firmato dallo stesso Silvio Berlusconi prima di lasciare Milanello in elicottero e far ritorno ad Arcore.

Oltre 90 minuti dedicati al Milan, dopo un colloquio riservato e privato con Allegri, per conoscere nel dettaglio la salute della squadra che stasera si gioca, al cospetto dell'Ajax sbarazzino, la qualificazione agli ottavi di Champions. «Penso di averli sostenuti e spero di aver fatto un inizio di lavoro per farli sentire da Milan. Spero che, se riuscirò ad avere il tempo di tornare spesso come facevo nei primi 10 anni di mia presidenza, qualche effetto positivo si potrà avere» la parte più interessante dell'intervento presidenziale. Perchè sottolinea un aspetto di fondo del piano di rilancio del club (siamo soltanto all'inizio del lavoro da fare per addestrare il nuovissimo Milan al credo calcistico berlusconiano e coltivare il senso d'appartenenza, sparito dopo la partenza dei grandi vecchi e di un paio di fuoriclasse.

Quel «se avrò il tempo» è dipendente non dalla sua volontà ma dagli sviluppi delle vicende politiche e legali. L'arrivo in elicottero, mano nella mano con la figlia Barbara, ha avuto anche un valore simbolico: è stata una sorta di pubblica investitura dinanzi alla squadra. Senza contrapposizioni con Galliani, rimasto fedele alla tradizione e cioè all'arrivo per cena nel collegio di Carnago. «Capisco il giochino dei giornali ma il gioco è bello quando dura poco» la battuta con cui il manager di casa Berlusconi spazza via ogni interpretazione maliziosa sui diversi orari delle visite.

E d'altro canto che ci sia bisogno di lucidare il ricordo del grande Milan, è confermato in modo plastico dalla domanda rivolta da un giornalista olandese ad Allegri nel corso della conferenza-stampa. «Come si spiega l'attuale condizione del Milan che è stato uno dei top club d'Europa?» il quesito che strappa un sorriso al tecnico livornese. Ci sarebbe bisogno di una lunga spiegazione e invece Allegri si rifugia nei suoi soliti “calci d'angolo“. Forse la spiegazione didascalica è proprio nell'arrivo di Silvio Berlusconi a Milanello, sul far della sera, alle 16.28, e tutto quel tempo dedicato ai protagonisti di questo Milan, impiegato nello sfogliare l'album di famiglia e nello spiegare cosa è stato, cosa vuol dire, cosa significa stare al Milan. D'altro canto basta registrare con attenzione le parole di Mattia De Sciglio, un ragazzo del vivaio che si comporta come un veterano, e non solo perchè dotato di talento purissimo. «Certi errori in difesa sono la conseguenza di cali di attenzione» declama il giovanotto che confessa di arrossire per l'accostamento con Paolo Maldini, «mi riempie d'orgoglio e sarei felice se riuscissi a fare metà della sua carriera». Per evitare che si ripetano questa sera le disastrose amnesie di Livorno c'è pure un robusto intervento di Allegri che lascia fuori Mexes e rilancia Bonera, richiama in porta Abbiati, offre a Constant il posto di Emanuelson e spinge El Shaarawy nel trio delle meraviglie al fianco di Balotelli e Kakà. Una piccola rivoluzione, insomma.

«Il Milan non tradirà». L'atto di fede di Allegri, prima dell'arrivo di Berlusconi, fa quasi tenerezza e forse prende lo spunto dal diverso comportamento dei suoi tra campionato e Champions. Deludente, molto deludente nel primo caso, appena incoraggiante nel secondo: basta dare un'occhiata anche al numero dei gol subiti per avere una conferma. «Attenti però: non dobbiamo giocare per il pareggio, sarebbe un errore» è la predica rivolta a un gruppo che di pareggi se ne intende, 9 in totale. Tanto per cambiare si punta su Balotelli, non a caso schierato in prima fila dinanzi al presidente nel colloquio presidenziale.

«Mario è molto sereno, si sta accorgendo delle responsabilità che ha e che vive con tranquillità» la speranziella di Allegri.

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