Nostro inviato a Londra
Nella leggenda c'è. Una freccia più che un lampo. Ancora Bolt, più che mai Bolt. Bolt power che è molto più di un black power. Usain Bolt ci ha mostrato ancora il suo dito levato che non vuol essere quello del maestrino, ma è il simbolo di un campione che ipnotizza la gente prima di bruciare gli avversari. Finale che il mondo manderà a memoria, tempo da lasciar la pelle d'oca: 963, ancora una volta sotto i 970, la barriera che nessun altro uomo al mondo riesce a superare. Cinque centesimi dal record del mondo, e gli altri sopra i 970 che è tempo lunare ma non per uomini jet. Finale con quattro atleti sotto i 990, due sotto i dieci e Powell che ha mollato negli ultimi 30 metri come avesse un problema di muscoli. Nove secondi spettacolari e intensi. Non c'era da dubitarne. È cambiato lo stile di Bolt, adesso soffre di più e fino in fondo. Non ha più tempo per guardarsi intorno, deve sprintare, Blake e Gatlin erano lì ad un soffio, il tempo di un battito di cuore. Lo ha spiegato. «I Trials mi hanno aperto gli occhi, mi hanno fatto capire che devo essere un po' più serio. Ho imparato che devo concentrami di più. E così ho fatto».
Stavolta mister cento metri ha corso come inseguisse il tempo e se stesso, come se gli avversari fossero un muro e non soltanto uomini. «Ma nella mia testa non ho mai dubitato che sarebbe andata così». Qualcosa non è più perfetto nella sua macchina poderosa, partenza difficile («Sono scivolato ai blocchi ma ho pensato solo al traguardo: questa la chiave»), accelerazione devastante, finale da mettere i brividi. Lo stadio di Londra ha tenuto fiato tirato per quella manciata di attimi, ma poi l'urlo è esploso e tutti hanno capito, anche gli avversari, che il beniamino è sempre lui: re della gente e della pista.
Urlo liberatorio come la danza di Bolt che ha ripercorso vecchi schemi di felicità: la freccia, il saluto militare. Tutto già provato in semifinale ed anche negli attimi precedenti lo sparo. Poi, come un bravo regista ha messo il dito davanti al naso, come dire a tutti: adesso silenzio. Si fa sul serio. I suoi compagni di corsie si sono asciugati le mani, Gatlin si è posizionato a suo agio, Blake si è guardato da una parte e dall'altra: fiutava il pericolo, sentiva il peso dell'essere un re travicello, un campione del mondo per caso dopo la partenza falsa di Bolt a Daegu. Questa era la gara della verità. Sono partite due frecce gialle, a stringere la maglia rosso fuoco di Justin Gatlin. Il vento soffiava con la forza di un metro e mezzo, umidità sopportabile. Tutto perfetto per il gran galà. E spettacolo è stato fin al finale che voleva la gente. Anche il popolo di Giamaica che ama i suoi campioni ma sa bene che Bolt è un pezzo unico: significa gioia e buon umore. Non c'era duello alla domanda: Bolt o Blake? La pista ha risposto per tutti. La bestia ha azzannato, ma solo le spalle, non i piedi. Blake ha pareggiato il miglior tempo (975) della sua vita: non è bastato. Gatlin ci ha provato, ha migliorato il personale (ora è 979) ma il tempo gli ha corroso qualche spicciolo di velocità. Tyson Gay ha fatto la parte dell'ospite nella lotta fra quel terribile trio. Alla fine gli sono venute le lacrime. E Bolt è entrato nella leggenda pareggiando la doppietta di Carl Lewis.
Le semifinali sono state l'anteprima che ha annunciato i fuochi d'artificio. La prima corona da mettere sulla testa di fantastici sprinter: sette uomini su otto sotto i 10 netti, tre magnifici sotto i 990. Bolt in una esplosione di potenza e prepotenza, Gatlin ancora una volta facile e concreto, Blake inesorabile. I tempi spiegavano tutto. Gatlin nella parte del gattone più veloce, come nelle batterie: 982. Le semifinali sono state un gioco delle parti: americani contro giamaicani, occhiate e folklore. Gatlin che fa il saluto militare e Bolt che risponde mettendosi in posa come un pugile. Gatlin che domina e Bolt che stradomina partendo malaccio, ma ripescando il filo della corsa dopo 30 metri per allungare spaventosamente e dare metri a tutti prima di fermare i motori e chiudere in decontrazione. Impressione straordinaria, ma poi il tempo (987) dirà che Gatlin era andato più forte e Blake, nella semifinale successiva, sarebbe andato meglio (985).
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