Il pallone d'oro gli è passato di fianco, anzi sotto quel piede piatto e sghembo. Gli spagnoli hanno scritto «la cantada de Buffon», gli inglesi lo hanno definito blunder, i francesi la boulotte, dovunque ne hanno parlato, ridendo a crepapelle. Lui ha imprecato, ha bestemmiato pure e la parola è peggiore della cantonata in mondovisione e andrebbe punita, comunque, altrimenti è inutile farsi il segno della croce e volgere lo sguardo al cielo perché le madonne prima o poi si ribellano anche soffiando su un pallone, stupido da calciare.
Gigi Buffon non è un marziano, non è Gigio Robot, è un portiere, un grande portiere, il migliore della storia calcistica italiana, forse più di lui Combi, forse Zoff, forse Albertosi o Cudicini, ognuno incolli la figurina preferita sul proprio album ma soprattutto Buffon è il capitano della nazionale e della Juventus, padre di famiglia, con la testa piena di cose e di casi quotidiani che lo hanno portato ad essere sempre al centro della porta, pronto a deviare, respingere, parare le traiettorie più velenose.
A volte il pallone ha rimbalzi strani, capitò un giorno contro il Lecce, e qualche avvoltoio di cui è facile ritrovare l'identità su alcuni giornali, insinuò che il portierone si era venduto la partita, il gol faceva parte di una scommessa, azzardo al quale lui era abituato da sempre. Ora vorrei che si scrivesse e si dicesse la stessa cosa per quella Vispa Teresa che ha permesso a Vitolo di sbloccare il risultato degli spagnoli e la testa degli azzurri.
In verità Buffon, oltre alla blasfemia, ha commesso un errore umano, clamoroso, plateale che lo rende normale, come è giusto che sia nello sport, qualunque disciplina si tratti.
L'errore del portiere è sempre decisivo, è gol sicuro, è gaffe, è storica papera (l'immagine fu creata il 17 di marzo 1912 dall'allenatore della nazionale Umberto Meazza, dopo un'uscita disastrosa del portiere Vittorio Faroppa nella partita persa a Torino contro la Francia 3 a 4: «El Vittorio stava in porta con piedi larghi e goffi, sembrava una papera»). Domenica c'è la Macedonia. E Buffon non è alla frutta.
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