Caos, fumogeni e polizia buttano a terra Nibali E il Tour perde la faccia

Vincenzo si rialza e chiude limitando il distacco Sospetta frattura vertebrale. Verdetto nella notte

Caos, fumogeni e polizia buttano a terra Nibali E il Tour perde la faccia

Alpe d'Huez. Ai francesi gireranno ancora, ma questa volta girano molto più a noi e a quanti hanno a cuore le sorti di Vincenzo Nibali. Girano eccome, e non smettono di girare, anche quando il presidente di giuria respinge il reclamo di Brent Copeland, general manager del Team Bahrain Merida, la formazione capitanata da Vincenzo nostro.

Niente da fare, se chiedi ai francesi una mano, quella te la danno tutt'al più per sbatterti per terra. Come accaduto ieri, quando al traguardo mancano 4 chilometri. Vincenzo nostro è nel gruppetto di avanguardia, ha da poco «provato la febbre» così dicono i corridori in gergo quando scattano per vedere come reagiscono gli avversari -: una progressione a 10 km dal traguardo, che costringe Bernal, gregario di Froome e Thomas, a fare gli straordinari.

Vincenzo sta bene. Lo si vede e lo si vedrà. In avanscoperta c'è Romain Bardet, ma sul transalpino si riportano come delle furie Froome, Thomas, Dumoulin, Roglic e Nibali. La strada ad un certo punto si restringe, ed è qui, tra i fumogeni da stadio e in quel nebbione che offusca la vista, che si consuma il dramma sportivo di Nibali, proprio dove iniziano le transenne per arginare gli spettatori. Due moto della Gendarmerie entrano in collisione, si toccano, sbandano e finiscono per buttare per terra il nostro campione.

Che non sia un semplice scivolone lo si capisce subito dalla faccia del siciliano: è tutto una smorfia di dolore. Si tocca la schiena. Fatica a rimettersi in piedi, a raddrizzare la colonna. Resta per più di trenta secondi fermo, senza fiato, con il volto che si accartoccia per la sofferenza. Poi gli ripassano la bicicletta, fatica a risalire in sella. Poi una pedalata, poi due, poi tre e riprende lentamente confidenza con la strada e con il mezzo. Il suo distacco è già lievitato a quasi un minuto. Addio Froome, addio podio, addio, Tour. Addio tutto.

Vicenzo però è Squalo, ma anche leone: non si arrende. Non può finire così il suo Tour. Sprigiona rabbia sui pedali, i suoi occhi sono lapilli di lava incandescente. Se potesse si mangerebbe la strada, gli avversari, la gente. Pesta potente sui pedali. Riprende lo sloveno Roglic, che non gli dà un solo cambio. Enzo fila via, a tutta. Davanti vanno avanti a scatti. Ad un certo punto si aprono, e vanno ad occupare tutta la sede stradale, come a studiarsi. Per i telecronisti della tivù di Stato, però, è un fantastico gesto di fair-play voluto da Froome: cosa molto suggestiva e romantica, ma molto improbabile. In ogni caso, se così fosse, la maglia gialla e lo stesso Froome potrebbero e dovrebbero adoperarsi almeno per concedere al nostro campione l'onore delle armi, che è poi la cancellazione del distacco accumulato ieri. Pochi secondo: 7 da Froome, 13 da Thomas, ma sarebbe un gesto. Cosa che la VAR, che da quest'anno c'è anche nel ciclismo, non dà e non concede. Cose che accadono, dice laconico Vincenzo. Cose che succedono, diciamo noi, spesso e volentieri. In Francia, ma anche da noi.

Un anno fa al Giro, per colpa di un poliziotto in moto, ai piedi del Blockhaus caddero in tanti: fra chi lasciò in terra ogni speranza c'era proprio Geraint Thomas, l'attuale signore in giallo. Questo non è consolatorio né per noi né per Nibali. Ma è il caso di rivedere alcuni assiomi: il ciclismo non è uno sport individuale ma di squadra. A questo punto anche di contatto.

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