Calcio

Il carro di Inzaghi chiude il cerchio aperto da Conte

Un anno fa Simone Inzaghi rischiava l'esonero, poi la svolta con il gioco: "Dove alleno io aumentano i ricavi e arrivano trofei"

Il carro di Inzaghi chiude il cerchio aperto da Conte

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È giusto che sotto quella coppa e in quella foto ci sia Simone Inzaghi. È il suo scudetto, il primo. Sicuramente non l'ultimo. All'Inter o altrove, vincerà ancora. Ha dimostrato di saperci fare. Ha cominciato con i ragazzi della Lazio, ha continuato con Immobile e Milinkovic, attirando l'attenzione anche della Juventus. Invece è arrivato all'Inter, nell'estate del 2021. C'era Conte, ma se ne è andato subito dopo avere vinto il campionato. Zhang e Marotta gli avevano prospettato pane e salame, basta investimenti, bisognava arrangiarsi, col gioco e con le idee. Conte, che adesso per molti sarebbe l'uomo adatto per rilanciare il Milan, prese cappello, anzi 7 milioni di buonuscita e se ne andò.

Marotta sfogliò l'agenda. Prima Allegri, che rifiutò, poi Inzaghi, che invece disse sì, facendo infuriare Lotito. In fondo, Inzaghi «un dono per l'Inter», per usare le parole di Steven Zhang, è stato anche un colpo di fortuna. Tre anni e 6 trofei dopo sembra tutto scontato. Il carro è strapieno, nemmeno posti in piedi, che a sfogliare i ricordi nemmeno sembra vero. Come dopo il sofferto zero a zero di Oporto, quello che spianò la corsa verso la finale di Istanbul. Dead coach walking, alla vigilia Inzaghi era un allenatore morto. Avesse perso, l'avrebbero lasciato in Portogallo. «So quali critiche devo ascoltare, so da dove provengono e chi le fa. Io parlerò quando sarà il momento, lo devo a me stesso e ai miei familiari», disse per una rara volta oltre le righe della diplomazia. Quel momento non è mai arrivato, le pagine belle hanno sotterrato le critiche e adesso si parla di rinnovo. Perché questo è un ciclo, 6 successi, non altri, dove le vittorie sono rimaste isolate.

Lo scudetto della seconda stella lo consegna alla leggenda nerazzurra. L'Inter ha dominato il campionato, ha giocato un calcio sempre bello e spesso bellissimo, ha cambiato il modo di interpretare un modulo che nessuno in Europa gioca come lui. Tempi, inserimenti, occupazione degli spazi, un coro perfetto su uno spartito vincente. Ma c'è dell'altro, lo scudetto è anche il risarcimento per il titolo lasciato due anni fa in volata al Milan, quando tutto cominciò da un derby, proprio come ora finisce. Quell'incredibile rimonta, gli errori delle sostituzioni in vantaggio di un gol, l'uno-due di Giroud in 3', le critiche della squadra, si espose Calhanoglu, Inzaghi rischiò una prima volta, nonostante due trofei vinti contro la Juventus. E tutto nella stagione in cui secondo Conte non c'erano più le premesse per continuare a vincere.

«Dove alleno io, aumentano ricavi, dimezzano le perdite e arrivano i trofei» è l'altra frase storica di Inzaghi. Molti sorrisero, qualcuno si infuriò, invece è andata così. L'Inter non ha ancora risolto i suoi guai finanziari, soprattutto non li ha risolti la proprietà, ma i successi in campo sono stati il volano per aumentare i ricavi. E la qualificazione al Mondiale per club arriva grazie ai risultati in Champions degli ultimi 3 anni, non certo alle eliminazioni ai gironi dei 2 anni precedenti.

Con Conte in panchina.

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