Bicchiere mezzo pieno: l'Inter ora potrà dedicarsi completamente al campionato. L'Europa league sarà una fastidiosa appendice alla quale si dedicheranno quelli che giocano meno, come si suol dire. Poi certo se comandano gli infortuni Bicchiere mezzo vuoto: per il secondo anno consecutivo subito fuori dalla Champions. Cambi il manico, non cambia la storia. Qualcuno osserverà: per giocarsela in Europa c'è l'uomo sbagliato in panchina. Questione di statistica: alla voce Conte Antonio troverete gran risultati nei campionati nazionali e desolante narrazione in Champions (un po' meglio in Europa league): a Torino fuori ai quarti o nella fase a gironi, con il Chelsea out agli ottavi, a Milano tre sconfitte e saluti nella fase a gironi. La storia Champions dice che le gare sono 28: 11 vittorie, 8 pari, e 9 sconfitte, cioè un terzo.
Il Conte nerazzurro è rimasto il Conte bianconero, ma pure il Conte londinese. Calcisticamente Contexit, pur non volendolo: si vede che l'aria inglese ha confuso lui come certi elettori di quelle parti. Il mister, questo mister ben sa quello che si perde e come si perde. Conte conta vincere: potrebbe essere un hashtag di successo. E rischia di diventare il suo cruccio da depressione. Si sono intravisti alcuni segnali di tal sofferenza. Ernesto Valverde, tecnico del Barcellona venuto a San Siro a vincere con la squadra B e con una difesa accattivante per gli avversari, ha sintetizzato i sintomi: «Inter nervosa». Nervosismo figlio del carattere di un allenatore che sente il conto in sospeso con l'Europa. Colpa delle tattiche? Manca un livello internazionale? In parte. Non si vede una alternativa di gioco, non esiste chiave di lettura differente dal pescare due attaccanti eppoi se la sbrighino loro. Senza contropiede l'Inter è prevedibile.
Ma non tutti i conti portano a Conte: se gli attaccanti sbagliano dieci occasioni, il peggio sta nei piedi storti non nelle tattiche. Al Barça sono bastati tre tiri per segnare due reti. Ad un certo punto, Conte si è trasformato nel Mourinho dei tempi eroici: dentro tre punte, una simil punta, uno svagato laterale d'attacco, come a dire avanti tutta e che qualcuno ce la mandi buona. Mou passava per un fenomeno della panchina e magari vinceva: un uomo fortunato. Conte non ha trovato né una buona stella, né una stella cometa: solo un perticone che sa far gol in Italia, ma per l'Europa non basta. Un Lautaro che si danna in guizzi e determinazione, ci prova però non è attrezzato per i miracoli ed un gruppo che ha dimostrato di dover ancora crescere. La difesa conta troppi errori, serve un centrocampista di personalità oppure chi sappia ispirare le punte con un guizzo di genio: la geometria non appaga.
All'Inter mancava parte del centrocampo titolare, arriveranno rinforzi (De Paul) anche se il prediletto è Vidal, un attaccante che sappia segnare (Giroud basta, non basta?), forse Marcos Alonso visti i guai di Asamoah. Peccato non sia acquistabile quanto manca al suo tecnico per diventare un vincente anche in Europa. Buona stella, fantasia tattica e talento intuitivo non sono in vendita.
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