Derby, il generale Ciro alla guerra di Genova

GenovaC'è una spiaggia da conquistare, illuminata da una lanterna spenta. Il generale Ciro non vuol sentir dire che è l'ultima anche se sa che per lui, dietro la sconfitta, ci sarebbe la notte crucca e assassina. Lo sa, ma preferisce preparare la battaglia, la «guerra», come chiama lui il derby di Genova più disperato che mai. E allora impartisce ordini ai suoi: «Li voglio tutti con l'elmetto, si va in guerra, sportivamente parlando - sceglie le parole Ciro Ferrara, senza curarsi del politicamente corretto -. Dal primo giorno ho cominciato a capire che cosa vuol dire questa partita per la città, per il pubblico. So perfettamente qual è il clima. Al derby ci teniamo in modo particolare per tanti motivi. L'importanza che ha per la nostra gente è sicuramente il primo». Il generale Ciro sa che stasera si rifà la Sampdoria o si muore, sportivamente parlando, e allora passa in rassegna le truppe. Tutto bene nelle retrovie, tutti abili e arruolati. La fanteria in mezzo al campo di battaglia è quella di sempre, la migliore a disposizione, quella dell'inizio campionato da tre vittorie su tre partite. Poi però fa l'appello dell'artiglieria pesante e sente rispondere presente solo da quell'Enrico Toti in scarpette chiodate che è il brasiliano Eder, ultima vittima di un'epidemia di attaccanti iniziata con Nicola Pozzi e proseguita con Maxi Lopez. Insomma, per la «guerra» di Genova, il generale Ciro è costretto ad arruolare riservisti e «bambini», con il baby Icardi schierato in mezzo all'attacco e lo stesso Eder pronto solo a lanciare le sue stampelle dalla panchina se fosse necessario salvare almeno l'onore. Sembra una battaglia già persa, che sarebbe l'ottava di fila, per la Samp di Ciro Ferrara. Se non fosse che l'esercito avversario non ha le caratteristiche dell'Invincibile Armata. Il Genoa di Gigi Delneri ha firmato la resa le ultime cinque volte che ha provato a sfidare qualcuno, che fosse il Napoli o la Fiorentina delle meraviglie, o il Siena in formato più corrida che palio. Insomma, come dice lo stratega di Aquileia, i rossoblù «l'elmetto ce l'hanno già da tempo, non si tratta di metterlo stavolta». Per questo sarà battaglia per uomini veri, perché «dovrà essere una gara non segnata dalla paura, il calcio deve essere coraggioso». E allora anche Delneri passa in rassegna la truppa e scopre di averla quasi tutta a disposizione, compresi Kucka che fino a venerdì non si era allenato, e Vargas che si offre per dare il cambio in corsa.

Ma soprattutto Delneri ritrova il fromboliere Borriello e il capitano Rossi, pronto se del caso a dare il cambio anche alla «recluta» Sampirisi a guardia del fortino. Il capitano contro il generale, per espugnare la Lanterna.

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