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È il festival delle donne Giamaicane da triplete e l'Italia salta con Elena

Vallortigara nella scia di Simeoni e Di Martino. Tris Giamaica nei 100, risposta agli uomini Usa

È il festival delle donne Giamaicane da triplete e l'Italia salta con Elena

E chi se non loro? Chi se non le allegre, variopinte e lungo crinite donne giamaicane potevano invitare il mondo al festival delle donne? Sia mai che, ai giorni nostri, il mondo rosa non risponda per le rime all'universo macho e maschile: stavolta interpretato dal Triplete americano nello sprint. Il mondiale di Eugene non si vuole far mancare nulla: statunitensi che raccolgono bottini di medaglie nel giro di pochi minuti, il resto del mondo che non vuol essere soltanto coreografico. Ed allora eccole tutte e tre sul podio (Fraser Pryce, Shericka Jackson e Elaine Thompson Herah) le ragazze di Giamaica, condotte dall'indomita e indomabile «The rocket pocket» (siluro tascabile, soprannome regalato da un giornalista) dell'ultimo quindicennio. Storia che: levati Bolt! Nemmeno ai tempi suoi si era visto qualcosa di simile per l'isola. Shelly Ann Fraser Pryce ha detto alle amiche di corsia: seguitemi, so come si fa. E la Giamaica ha realizzato il Triplete che mai il mondo femminile aveva ammirato nella storia dei 100 metri.

Shelly Ann, con quei capelli color allegria, al quinto oro mondiale e ad una età, 35 anni, che toglie ad un uomo, Justin Gatlin, il pregio del record: sono queste le vicende che valgono la cartolina di un mondiale. Fraser Pryce partita da una storia di povertà a Kingston, motivata da una mamma che aveva riposto in lei i suoi sogni di essere atleta, sacrificata invece ad altra vita, oggi detiene con tre maschi il primato degli ori mondiali in una specialità: sono 5 nei 100 m. Il via alla collezione partendo da Berlino 2009, l'anno prima fu oro olimpico. Cinque titoli come Bubka nell'asta, il polacco Fajdek nel martello e il tedesco Riedel nel disco. E probabilmente Shelly Ann non si fermerà, avendo nel mirino staffetta e 200 metri. Se restiamo alla contabilità attuale, le medaglie sono finora 20: 13 (numero di buon segno) tutte d'oro.

Ecco, allora, piacerebbe tanto a Italia nostra che il festival rosa ci portasse un fiore. Dopo gli omaggi al 4° posto della Fantini (martello) e all'8° della Trapletti (marcia), tutti aggrappati al dolce saltare di Elena Vallortigara, trentenne ragazza di Schio, con il viso affilato della gente sua, che ci prova con le unghie e con i denti, avendo conosciuto la brutale fatica del recuperare da infortuni che ti segnano (finale dalle 2.40). Lei che si è infilata nella scia di Sara Simeoni e Antonietta Di Martino e ne avrebbe una soddisfatta incoronazione se, stavolta, viaggiasse sulle ali di una medaglia. Vallortigara si è qualificata con salti al primo colpo (1,75; 1,81; 1,86; 1,90; 1,93), da mettere perlomeno in imbarazzo le avversarie ucraine (Mahuchik e Gerashchenko), l'australiana Patterson e la uzbeka Sadullayeva, arrivate d'un colpo come lei al metro e 93. Ora o mai più, verrebbe da pensare. Soprattutto dopo aver sfatato il tabù: mai raggiunta una finale in una grande competizione. Il metro e 98 saltato a Rieti è stato iniezione di energia come questi salti americani. Cosa resta dunque ad una ragazza che ha studiato psicologia clinica e dinamica? Dice lei: «Sognare una medaglia». La meriterebbe. L'Etiopia vince anche la maratona donne con la Gebreslase e stanotte dalle 2.

15 batterie dei 400 ostacoli donne con le azzurre Folorunso, Olivieri e Sartori.

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