C'è voglia di calcio pulito, in Francia. Pulito nel senso di privo di veleni, critiche e polemiche, che nell'ultimo quadriennio hanno reso l'ambiente attorno ai Blues talmente irrespirabile (basta pensare all'ammutinamento contro Domenech al Mondiale 2010, con strasicichi addirittura all'interno del parlamento transalpino) da provocare un'ondata di disaffezione per la nazionale. C'è bisogno di respirare aria fresca; i primi a volerlo sono proprio i giocatori, la stragrande maggioranza dei quali, come ha sottolineato giustamente dal ct Didier Deschamps, «non hanno mai avuto esperienze positive con questa maglia». Per questo contro la Svizzera Benzema e compagni non si sono fermati neppure sul 5-0, continuando a viaggiare a mille. E non si riposeranno nemmeno oggi l'Ecuador, anche se la qualificazione agli ottavi è già in ghiaccio.
L'avversario dei Blues, l'Ecuador, noi italiani lo abbiamo conosciuto una decina abbondante di anni fa attraverso Ulises De la Cruz, incubo dell'Italia di Giovanni Trapattoni alla vigilia del Mondiale 2002. Una minaccia posticcia, come decretò il campo. Ma in quegli anni era un Ecuador ancora un po' naif, entrato da poco nell'elite del calcio internazionale (quello nippo-coreano era il loro primo Mondiale). A volte gli idoli di una nazionale sono lo specchio del suo grado di maturità, e sotto questo punto di vista c'è una bella differenza tra il generoso - ma nulla più - De la Cruz e Enner Valencia, bomber a sorpresa di questa prima fase del Mondiale brasiliano, nonché attaccante rivelazione del torneo. L'Ecuador odierno continua a non avere, globalmente, un livello di talento pari a quello di altre compagini sudamericane, ma è cresciuto moltissimo sotto il profilo dell'organizzazione, dell'applicazione e della volontà. Tre caratteristiche che, unite alla velocità degli esterni e al fiuto del gol di Valencia (nessuna parentela con il compagno di squadra Antonio, ala del Manchester United), fanno sognare il popolo della Tri. Battere la Francia e accompagnarla agli ottavi (la Svizzera, che si suppone vincerà contro la cenerentola Honduras, ha una peggiore differenza reti) è una missione meno impossibile di quella che appare sulla carta.
Con la maglia dell'Ecuador, Valencia va in rete da sei partite consecutive: ha iniziato lo scorso novembre in amichevole contro l'Honduras e non si è più fermato. Se la sua rete all'esordio contro la Svizzera è stata vanificata dalla rimonta degli elvetici, vittoriosi al 94', la doppietta rifilata cinque giorni dopo all'Honduras ha evitato un prematuro ritorno a casa. Chi pensa che Enner Valencia sia il classico re per una notte, è fuori rotta, visto che da due anni l'ecuadoregno timbra regolarmente il cartellino sotto porta. Prima in patria nell'Emelec di Guayaquil; quindi in Messico nel Pachuca, dove ha realizzato 18 reti in 6 mesi, risultando il miglior marcatore del torneo. Niente male per un ragazzo cresciuto nella fattoria del padre e che ha trascorso la propria adolescenza a trattare i prezzi di acquisto delle mucche, iniziando a giocare a calcio nei prati con i figli degli altri mandriani.
Eppure Valencia questo Mondiale avrebbe dovuto vederlo dalla panchina, vista l'impossibilità di poter competere con Christian "Chucho" Benitez, l'idolo assoluto di tutti i ragazzi dell'Ecuador. Il destino però si è messo di mezzo, e in maniera tragica. Nel luglio 2013 Benitez ha perso la vita a seguito di un infarto mentre era alla guida della propria auto in Qatar, dove era andato a giocare per l'El Jaish.
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