Il talebano (per taluni) Marco Giampaolo ha smentito l'etichetta. È partito convinto di rifare al Milan il 4-3-1-2 che è stato il suo marchio di fabbrica. Ha battezzato Suso tre-quartista che l'aveva illuso col Manchester, poi si è arreso all'evidenza ed è tornato al 4-3-3 col Toro. Segno che il tecnico di Giulianova è capace di cambiare il disegno avendo colto le sicurezze e la comfort zone dei suoi interpreti. «Allegri ha vinto i suoi scudetti cambiando spesso sistema di gioco, non si vince col sistema di gioco, non mi piace cambiare» ha segnalato e promesso ieri prima di affrontare la Fiorentina che è una specie di bivio reso meno burrascoso dal pronunciamento di Paolo Maldini. «Non credo sia un regalo del club. Quando ero dirigente, 22 anni fa, e mi chiesero un parere sul destino del tecnico, risposi: si manda via un allenatore in due casi, se non c'è un progetto o se il gruppo non lo segue» come per dire che nel suo caso non ricorrono nessuna delle due condizioni.
«Abbiamo avuto il torto di non ammazzare la partita, in qualche snodo mi sono anche divertito ma so che poi pesa sul giudizio il risultato finale» l'analisi lucida del tecnico. Poi c'è infatti il capitolo dei risultati e qui Giampaolo è il primo a sapere che senza risultati nelle prossime due sfide (Fiorentina stasera e Genoa sabato prossimo) anche la difesa convinta della società può non reggere. E per farlo continua a prediligere calciatori capaci di giocare e comandare la partita, «se schierassi i guerriglieri, i guerriglieri non garantirebbero il gioco» è la sua filosofia.
«A Torino abbiamo perso non per Donnarumma o Musacchio ma per altri dettagli» la segnalazione per far sapere che altrove ci sono stati errori, sorvolando su quello della mancata punizione per il fallo di Rincon su Calhanoglu. A proposito: si è scoperto che a sconsigliare il fischio a Guida è stato Orsato, l'arbitro var il quale dinanzi a qualche protesta milanista a fine gara ha risposto: «Non l'ha nemmeno toccato!».
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