La gioia, la coppa e la relatività dell'esultanza

Se Einstein fosse stato abbonato allo Juventus Stadium avrebbe lavorato ad un'altra teoria: la relatività dell'esultanza

La gioia, la coppa e la relatività dell'esultanza

Se Einstein fosse stato abbonato allo Juventus Stadium avrebbe lavorato ad un'altra teoria: la relatività dell'esultanza. Un tifoso gioisce nella misura in cui il suo trionfo è inaspettato, epico o rocambolesco. Se la vittoria si fa consuetudine e ordine naturale delle cose, allora resta l'orgoglio della statistica e quella sottile e feroce perfidia che ti fa godere nel vedere gli altri rosicare. Ma non si chiama gioia.

Per questo ieri gli juventini festeggiavano sì, ma con juicio. Perché il sesto scudetto consecutivo, il filotto mai riuscito a nessuno che li proietta nella storia, alla fine è sorprendente come la vittoria di Renzi alle primarie del Pd. È la banalità dello scudetto nella savana della Serie A, dove la zebra diventa leone e tutti gli altri sembrano gazzelle in fuga. La superiorità diventata routine, dolce e inebriante, ma sempre routine. A Natale fa freddo, a Ferragosto fa caldo e a maggio la Juve vince lo scudetto. Dura eccitarsi per il meteo, eh. Soprattutto nel «vej Piemont» dove il basso profilo è religione locale. E soprattutto a due settimane dal Big Bang che può cambiare il tuo universo.

Perché, oltre all'abitudine, a frenare la festa ci ha pensato il fantasma della coppa. Lo leggevi in faccia ai tifosi ieri pomeriggio. Sì, ok, bello tutto, piazza San Carlo e i 33/35 «tituli». Ma se poi a Cardiff non vinciamo? Non succede, eh. Ma se succede? Se succede la routine non basta, chissenefrega della coppa Italia e di questo campionato di morti giocanti, vincerlo è il minimo sindacale. Se succede, tutti gli altri perdenti d'Italia ci verranno a cercare, come le iene che aspettano la caduta del leone. E piangeremo di nuovo, per quella legge spietata del calcio per cui una sconfitta brucia più di qualsiasi vittoria, per quanto storica o recente. La potenza è nulla senza controllo, ma il campionato per la Juve ormai è nulla senza la Champions.

È il destino solitario del leone, pardon della zebra. Se lo è conquistato con la storia, col lignaggio e l'inevitabile antipatia.

Fatti non foste a vincer come bruti, ma a inseguir virtute e coppe. Che a volte si vincono, ma troppo spesso svaniscono a un metro dal traguardo. E ormai inquinano anche le piccole soddisfazioni di ogni giorno. Come si chiamava quel film in bianconero? Ossessione?

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