Gran campione ma un dettaglio uccide la poesia

di Benny Casadei Lucchi

«T i ho visto addentare un panino dentro all'Autogrill. A volte un dettaglio può uccidere una poesia». Lewis Hamilton ha addentato un panino nel bar di Sochi, giusto un mese fa, e ha ucciso la poesia di questo suo mondiale. Il miglior pilota del Circus sale sul gradino dei grandi di sempre, vincendo il quinto titolo come Juan Manuel Fangio, e però perde l'occasione unica, rara, preziosa di raggiungere la vera grandezza. Il dettaglio appunto che, come cantava Enrico Ruggeri, ha il potere di uccidere la poesia. Soprattutto nello sport.

Succede un mese esatto fa, succede in Russia, succede in gara, succede quando il box Mercedes chiede a Bottas di far passare Lewis per toglierlo da una posizione d'impaccio, succede perché più tardi, a doppietta acquisita, a Bottas che credeva che il primo posto gli sarebbe stato restituito, non viene ridato indietro un bel niente. Anche se la classifica l'avrebbe permesso, anche se era ormai chiaro persino all'asfalto che la Ferrari non sarebbe più rientrata nella lotta per il titolo. Niente. Il box tedesco ha deciso e il pilota caposquadra, quello personaggio, che sui social fa lo splendido ogni tre per due, quello molto rap, molto trap, molto tatuaggi e catene che ci invita a non sporcare i mari, sporcherà un poco la propria immagine rimanendo zittino e buonino a lasciar parlare il team. Più che egoista, intimorito, incapace di imporsi, non il vero e carismatico campione che avrebbe potuto essere e non sarà mai.

Quel giorno, in molti tra gli appassionati più romantici avevano sperato nei giri successivi di assistere al gesto cavalleresco e poeticamente sportivo del più grande che, in quanto tale, non solo ha conquistato in pista la forza, ma anche l'indipendenza e l'autorevolezza per dire al proprio team «enno signori, va bene il gioco di squadra quando serve per davvero, però questa volta non è proprio il caso...».

Macché. È rimasto zitto. Muto. A fare l'impiegato delle piste che ubbidisce ai capi ufficio. Peccato. Perché lo sport è fatto anche di gesti romantici e di poesia. I siparietti successivi sul podio, in cui Hamilton aveva cercato di condividere il successo russo con il compagno e rendergli omaggio per l'aiuto ricevuto, erano parsi forzati, trasudanti imbarazzo, e non avevano fatto altro che allargare il solco tra chi è vero e chi è finto, chi è personaggio dentro e chi prova solo a vestirne i panni.

Comunque

bravo, Lewis. L'impiegato del rischio ieri ha vinto il quinto titolo. Ora siede accanto a Fangio, mai dimenticato cavaliere del rischio. La differenza è molta e ha a che fare con poesie d'altri tempi. E non è un dettaglio.

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