Hazard oscura Neymar. Capolavoro Belgio. Il Brasile piange ancora

Il "dieci" belga trascina i suoi in semifinale. Seleçao a fondo insieme ai tuffi del suo "dieci"

Hazard oscura Neymar. Capolavoro Belgio. Il Brasile piange ancora

Quando il gomito «galeotto» di Fernandinho spedisce il pallone alle spalle di Alisson, dopo che la coscia di Thiago Silva aveva centrato il palo nella porta giusta, il Brasile rivede i fantasmi del «Mineirazo» di quattro anni fa e inizia a mettere a fuoco la clamorosa eliminazione dal Mondiale. Nonostante un secondo tempo nel quale gli avversari gestiscono con un po' di affanno il pesante e decisivo bottino di due reti (il bis con il siluro da fuori area di De Bruyne), i verdeoro sono più reattivi e i centimetri di Renato Augusto, riserva chiamata in causa a risollevare le sorti della gara, sovrastano la rocciosa difesa belga.

La caduta degli dei è quasi completa, anche Neymar - che vive un'altra serata nera - e la superfavorita Seleçao salutano la Russia in anticipo. E se il Belgio è comunque la seconda forza dell'ufficioso ranking Fifa, il risultato non può che sorprendere. La truppa di Tite può recriminare su un rigore non concesso (nemmeno dal Var) a Gabriel Jesus, ma paga un approccio poco brillante contro un avversario che ha sfruttato le poche occasioni concesse.

Quattro semifinaliste europee, come nell'ultima rassegna iridata giocata nel nostro continente (Germania 2006, quella dell'Italia di Lippi). Lapalissiano quindi: ad alzare la coppa sarà un'europea. Che a questo punto potrebbe essere anche il Belgio dei ragazzi terribili, finalmente cresciuti dopo anni di bocconi amari e fallimenti legati a limiti caratteriali. I Diavoli Rossi tornano tra le prime quattro del mondo dopo 32 anni. In tribuna alla Kazan Arena c'è Jean-Marie Pfaff, che di quella squadra era il portiere: insieme al difensore Gerets era l'unico della rosa, che comprendeva gente del calibro di Scifo, Ceulemans e Vandereycken, a non giocare in patria. Il Belgio di oggi arriva invece dai più importanti campionati, soprattutto dalla Premier League inglese (vedi il tridente d'attacco), e l'unico «indigeno» è il giovane difensore Dendoncker dell'Anderlecht, nemmeno un minuto giocato in Russia. E in panchina, come assistente del ct Martinez, c'è quel Thierry Henry che con un gol mandò a casa i sudamericani dodici anni fa nel Mondiale degli azzurri.

Tecnica, personalità, numeri e spettacolo: è quanto offre la truppa belga in un primo tempo stellare nel quale il Brasile appare poco lucido anche perchè il Neymar dei soliti tuffi è sempre raddoppiato (prezioso il lavoro dell'instancabile Fellaini) senza però essere tartassato come in altre occasioni. A Tite manca il filtro a centrocampo di Casemiro e la prima frazione fa capire perchè Fernandinho, in costante difficoltà, autorete sfortunata a parte, ha sempre giocato solo gli ultimi quindici minuti di partita. Il secondo round della gara propone invece un copione molto diverso: gli ingressi di Douglas Costa, Firmino e Renato Augusto rianimano il Brasile che sforna un sacco di occasioni, Coutinho confeziona l'assist per il gol della speranza di Renato Augusto, ma commette anche un imperdonabile errore sotto porta.

E quando Neymar, sui titoli di coda, trova il guizzo giusto, c'è la prodezza di Courtois a sancire la maledizione delle europee per la Seleçao: nelle ultime 4 edizioni del Mondiale fuori per mano di una squadra del nostro continente. Per il Belgio si alza l'asticella: sulla strada verso Mosca c'è la temibile Francia.

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