Heysel, Tacconi: "Ci ordinarono di giocare e festeggiare"

Erano andati in massa a Bruxelles con la speranza di festeggiare la prima Coppa dei Campioni bianconera. Poi la tragedia. Il portiere: "Costretti a fare festa"

Tacconi caustico sulla scelta di Allegri
Tacconi caustico sulla scelta di Allegri

La strage dell'Heysel non è stata ancora dimenticata. A 30 anni da quella tragica notte, i protagonisti in campo che giocarono quella partita parlano e ricordano le polemiche per quella esultanza davanti a 39 morti italiani. A parlare è Stefano Tacconi che quella sera contro il Liverpool difendeva la porta bianconera. "Non bisogna chiudere gli occhi, ma tenerli ben aperti per ricordare. Penso soprattutto al grande sogno di 22 giocatori infranto da certi ultrà. Le finali si dovrebbero sempre giocare con entusiasmo e gioia", spiega.

"Le notizie erano frammentarie, non si capiva se era morto un tifoso - aggiunge - oppure un centinaio. La Uefa ci aveva impedito di scendere in campo ma per fortuna un generale grande e grosso, con un po' più sale in zucca, ci ha ordinato di giocare per evitare problemi più grandi: la curva juventina avrebbe voluto vendicarsi...".

Infine parla dei festeggiamenti: "Sento sempre ripetere le stesse cose... La nostra festa era stata decisa dallo stesso generale alto due metri: ci ha obbligati a uscire dallo spogliatoio e andare sotto la curva bianconera, perché dovevamo tenere i nostri tifosi all'interno dello stadio".

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