I peccati di gioventù di Roberto Mancini con la maglia azzurra

Durante la sua carriera da calciatore, il nuovo c.t. dell'Italia non ha mai avuto un rapporto fortunato con la Nazionale, tra litigi eccellenti, prestazioni scadenti e sfoghi contro arbitri e giornalisti

I peccati di gioventù di Roberto Mancini con la maglia azzurra

Con la firma apposta ieri sul contratto che lo legherà alla Nazionale fino al 2020, Roberto Mancini chiude un cerchio e ne apre un altro. Infatti, durante la sua carriera da calciatore, il nuovo c.t. azzurro non ha mai avuto un rapporto idilliaco con la Nazionale, tra litigi eccellenti, sfoghi clamorosi e prestazioni scadenti. L'opposto di quanto fatto con le maglie di club, vedi Sampdoria e Lazio.

Il rapporto problematico di Mancini-calciatore con l'Italia inizia nel 1984, quando il fantasista di Jesi non ha ancora compiuto 20 anni. Sulla panchina della Nazionale siede Enzo Bearzot, un sergente di ferro che mal sopporta chi non rispetta le sue regole. Alla fine del campionato 1983/1984, l'Italia gioca due amichevoli in Nord America contro Canada e Stati Uniti: Mancini fa parte del gruppo e debutta colleziona i suoi primi minuti in azzurro entrando in entrambe le gare a inizio ripresa al posto di Giordano.

Sembra l'inizio di una bella storia, ma il rapporto tra Bearzot e Mancini non decolla. E si rompe definitivamente quando, a New York, il fantasista della Sampdoria scappa dal ritiro per farsi un giro tra i grattacieli di Manhattan. Cartellino rosso. "Mancini se n'era fregato non tanto di me come persona quanto della responsabilità che portavo", avrà modo di raccontare Bearzot nel suo testamento letterario "Il romanzo del Vecio" scritto da Gigi Garanzini. Chiudendo per sempre al ragazzo le porte dell'Italia.

Che si riaprono nel 1986 grazie al nuovo tecnico azzurro Azeglio Vicini, con cui Mancini gioca molto e bene nel biennio precedente in Under-21. Vicini lo stima e lo convoca per l'amichevole contro la Grecia, dove gioca uno scampolo di partita. Ma il ragazzo è una testa calda e nel gennaio 1987, dopo Atalanta-Sampdoria, dichiara ai giornalisti che "I tifosi, anziché picchiarsi tra loro, dovrebbero invadere il campo e suonarle a certi arbitri". Dichiarazioni che dovrebbero costargli la maglia azzurra in virtù delle norme di comportamento stabilite dal presidente della Figc, Franco Carraro. Ma Vicini lo difende e lo convoca per Euro 1988.

Qui, durante la partita contro la Germania Ovest, segna il suo primo gol in Nazionale e lo festeggia nel peggiore dei modi, esultando in modo polemico contro i giornalisti in tribuna stampa. Troppo anche per Vicini, che dopo la sconfitta in semifinale contro l'Urss lo toglie progressivamente dalla formazione titolare preferendogli il "Principe" Giannini. Durante i Mondiali di Italia '90, Mancini non gioca neppure un minuto. Avrà modo di prendersela anche con il c.t.: "Non è mai stato un cuor di leone".

Una battuta infelice seguita da altre frasi poco carine, come quella sulla finale contro l'Argentina ("Sarebbe bastato mettere Vierchowod su Maradona e tutto sarebbe cambiato: lo avrebbe visto anche un cieco, ma purtroppo non Vicini"). Il rapporto problematico con la Nazionale continua quando sulla panchina azzurra si siede Arrigo Sacchi. Mancini fa parte del gruppo ma non piace al "Vate di Fusignano" per la sua anarchia tattica. Nel 1994 dice addio alla Nazionale con un'ultima presenza contro la Germania in un'amichevole pre-mondiale.

Da calciatore Mancini ha collezionato complessivamente 36 presenze e 4 gol.

Numeri deludenti per quello che senza dubbio è stato uno dei calciatori più talentuosi della sua generazione. Il Mancio lo sa e ha accettato la proposta della Federcalcio proprio per questo: far dimenticare i suoi peccati di gioventù e regalare alla Nazionale un nuovo ciclo vincente.

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